I livelli di Pil dell'Abruzzo già
prima della crisi pandemica erano ancora al di sotto rispetto a
quelli delle crisi precedenti, mentre per i dati del 2021 si
stima un recupero rispetto ai minimi della crisi pandemica con
ritmi prossimi a quelli dell'Italia nel suo complesso. Centrale
la propensione all'export del sistema produttivo regionale, la
presenza di distretti industriali ed il ruolo presente e
prospettico delle filiere. Sono i dati, a cura della direzione
Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, presentati in occasione
dell'incontro sul tema "Costruire il futuro: strategie e
opportunità per l'economia abruzzese" in corso a Chieti.
L'Abruzzo ha una buona incidenza di manifatturiero nel
tessuto economico, che favorisce una propensione all'export pari
al 29,5%, in linea con la media italiana (29,2%). Come altre
regioni del Mezzogiorno, ha anche una maggior incidenza di
imprese di piccole dimensioni (75% gli addetti nelle imprese
micro e piccole verso una media italiana del 70%) che potrebbero
risentire maggiormente degli effetti dell'attuale crisi per la
minore forza contrattuale nel trasferire a valle gli incrementi
di costi.
L'effetto congiunto dell'introduzione dei dazi e dei colli di
bottiglia creati dalla pandemia - rileva lo studio - sta
portando ad un ripensamento delle filiere di fornitura verso un
avvicinamento degli approvvigionamenti, trend che con ogni
probabilità sarà ancora più cruciale alla luce delle nuove
criticità create dal conflitto.
Tra le filiere più rappresentative dell'economia abruzzese,
oltre all'alimentare e bevande e all'abbigliamento, sono
cresciute la meccanica e l'automotive. Queste filiere a loro
volta attivano altre produzioni, come i prodotti in metallo, la
gomma e plastica, l'elettronica.
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