Con i cambiamenti climatici, i
caprioli del Trentino salgono più in quota; inoltre cercano
nutrimento in base al ricordo di esperienze passate e non in
base alla percezione sensoriale. Lo dicono due ricerche condotte
dalla Fondazion e Edmund Mach e pubblicate sulle riviste
scientifiche internazionali "Scientific Reports" e "Pnas".
Il primo studio ha consentito di prevedere la distribuzione
dei caprioli sulle montagne trentine nei prossimi decenni a
seguito degli effetti dei cambiamenti climatici. Si tratta di
una fotografia futura dei movimenti degli animali ottenuta
grazie alla rara possibilità di confrontare i dati di
spostamento degli animali a distanza di decenni, precisamente
quelli raccolti dall'Università di Padova-Dipartimento Dafnae
all'inizio del 2000, e le più recenti localizzazioni di collari
Gps della Fondazione Mach, associati ad una proiezione climatica
sviluppata con i dati di Meteotrentino che ha permesso di
stimare la profondità di neve al suolo nei prossimi 50 anni. Lo
studio, che ha riguardato il Parco Adamello Brenta e zone
circostanti nelle valli Rendena e Giudicarie, ha dimostrato che
il limite delle coperture nevose si troverà a quote maggiori. Il
capriolo, non adatto a spostarsi e ad alimentarsi nella neve
profonda, potrebbe dunque in futuro occupare in modo stabile
versanti ad altitudini maggiori delle attuali, probabilmente non
migrando più tra siti stagionali invernali ed estivi.
Una seconda ricerca condotta nei boschi della valle di Cembra
ha chiarito i processi cognitivi che sottendono alle decisioni
relative alla ricerca di nutrimento negli ungulati, e ha
dimostrato che la ricerca di cibo è dovuta prevalentemente al
ricordo di esperienze effettuate in precedenza. I ricercatori
hanno dotato 18 caprioli di radiocollari Gps e ne hanno
tracciato i movimenti durante una manipolazione sperimentale
della disponibilità di nutrimento.
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