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Auditel-Censis, 3,5 milioni di famiglie sono senza internet

Ma 17,4 milioni di italiani guardano video in streaming

Un'Italia impaurita, sempre più connessa e meno propensa al dialogo, costretta ad affrontare un enorme cambiamento a causa della pandemia e del lockdown, troppo spesso senza avere mezzi e competenze necessarie. E' il quadro tratteggiato dal terzo rapporto Auditel-Censis, presentato al Senato, dal quale emerge che, secondo i dati relativi al 2019, ben tre milioni e mezzo di famiglie non dispongono di collegamento ad internet e sono impossibilitate quindi a svolgere qualsiasi tipo di attività online, dallo smart working alla didattica a distanza, fino agli acquisti e alle altre operazioni in rete, divenute sempre più indispensabili. Un numero che diminuisce sensibilmente, a quota 300 mila, quando in famiglia c'è almeno un occupato o uno studente. Con la pandemia molti italiani hanno dovuto fare i conti, in tempi rapidissimi, con una realtà del tutto nuova.

Sono 11 milioni e 800.000 famiglie, pari al 48,6% del totale, in cui vivono 32 milioni e 800.000 individui, pari al 54,3% degli italiani, che hanno svolto almeno un'attività online durante il lockdown, e per ben 8 milioni e 200.000 famiglie e 24 milioni e 300.000 individui era la prima volta. In pochi mesi le famiglie che possiedono un collegamento ad internet sono salite dall'85,9% del totale del 2019 all'88,4% del luglio 2020, e nello stesso periodo quelle che possiedono il collegamento a banda larga su rete fissa sono passate dal 55,0% al 56,0%. Nello stesso tempo, hanno subito una forte accelerazione i cambiamenti nella fruizione dei contenuti video. Sono 17 milioni e 400.000 italiani a guardare i video in streaming, in crescita del 7,4% dal 2019, e 11 milioni e 300.000 lo fanno più volte in una settimana. Il forte divario digitale presente nel nostro Paese è evidente non solo per i dati relativi alla connessione, ma anche per i device a disposizione.

Nel 2019, a fronte di una media Italia del 55% di famiglie che dispongono della banda larga su rete fissa, questa è presente nel 77% delle famiglie che si collocano nella fascia alta e medio-alta e solo nel 19,8% di quelle con livello socio-economico basso. Sono, inoltre, quasi 6 milioni le famiglie che si collegano al web solo con smartphone e, di conseguenza, non possono garantire la qualità delle loro prestazioni a distanza: nel 76,9% delle famiglie di livello socioeconomico basso non è presente in casa neppure un pc fisso o portatile o un tablet collegato a internet, quota che è del 10,2% tra quelle di livello socio-economico alto. "Dal rapporto emerge una società sempre più connessa e sempre meno dialogica - ha detto il presidente del Censis, Giuseppe De Rita -. Si va verso una logica di comunicazione che impone il non dialogo e una certa dipendenza tecnologica. Se c'è un pericolo, è che la gente voglia andare in letargo. Nel lockdown gli occhi dietro le mascherine erano sorpresi, ora gli occhi sono stanchi. Occhi di persone che hanno bisogno di superare l'incertezza".

"Il punto di sofferenza che emerge dal rapporto è il rischio di accresciute diseguaglianze - ha sottolineato il sottosegretario all'Editoria, Andrea Martella -. Troppi segmenti della società non sono preparati e serve la massima attenzione per non lasciare nessuno indietro. Non ci sarà una vera normalità digitale fino a quando ci saranno sacche di esclusione". "Sulla rete unica il governo ha ribadito che il ruolo dello Stato sarà cruciale per consentire una diffusione capillare della fibra e la diffusione del 5G - ha proseguito -. E' la sfida del buon utilizzo delle risorse del recovery fund, parliamo dei 209 miliardi per lo sviluppo in cui la voce digitale sarà strategica".

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