L'intelligenza artificiale (AI) è una faccenda da uomini bianchi, sia in ambito accademico sia industriale, con una presenza molto esigua di donne, neri e ispanici. E' quanto sostiene il rapporto di tre ricercatrici dell'AI Now Institute all'università di New York, secondo cui nel settore c'è una "crisi di diversità". Oltre l'80% dei professori che si occupa di intelligenza artificiale è uomo, e nell'industria va anche peggio.
Le donne - si legge nel documento - rappresentano solo il 15% dello staff di ricercatori sull'AI di Facebook, e il 10% in Google, mentre mancano dati sulla presenza di transessuali e altre minoranze di genere. Ancora più forte la disparità se si guarda al colore della pelle: i dipendenti neri di Google che si occupano di AI sono il 2,5% del totale, e arrivano al 4% in Microsoft e Facebook.
Il trend, che ricalca quello dell'industria hi-tech, ha come conseguenza lo sviluppo di sistemi e tecnologie di intelligenza artificiale in cui è insito il pregiudizio, avvertono le studiose. Ne è un esempio il software sviluppato tra il 2014 e il 2017 da Amazon per valutare i curricula in modo obiettivo, e che è stato eliminato dall'azienda perché discriminava le donne.
"La crisi di diversità nell'AI è ben documentata e di ampia portata. La si può vedere nella disparità dei posti di lavoro, delle assunzioni e promozioni, e nelle tecnologie che riflettono e amplificano stereotipi e pregiudizi", scrivono le ricercatrici, che invitano a intervenire subito perché "i sistemi basati su AI influenzano già la vita di milioni di persone".