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Vincolo di mandato per i parlamentari. Che fine ha fatto?

Modifica dell'articolo 67 della Costituzione cavallo di battaglia del Movimento cinque stelle ma si pensa piuttosto a una modifica dei regolamenti parlamentari

Redazione ANSA

La questione dei transfughi M5s dopo il voto sulla risoluzione di maggioranza sul Mes ha riportato al centro del dibattito la questione dei cambi di casacca. E anche il premier Giuseppe Conte sull'argomento ha evidenziato che "ci sono contrapposte esigenze e interessi in gioco" ma "senza mortificare la libertà del singolo sarei per rendere più difficile questi passaggi, sulla base dei regolamenti parlamentari, senza compromettere la libertà del singolo". "Rendere più difficili i passaggi dall'uno all'altro gruppo - ha osservato - incentiverebbe ad affrontare le difficoltà all'interno del proprio gruppo". 

L'introduzione del vincolo di mandato è un cavallo di battaglia del Movimento cinque stelle. Dopo l'adesione della senatrice M5s Silvia Vono al partito di Matteo Renzi, Italia Viva - a fine ottobre scorso - il leader M5s, Luigi Di Maio è tornato a parlare della questione chiedendo una modifica dell'articolo 67 della Costituzione come "antidoto alla piaga dei voltagabbana".  "Se non si può cambiare la Costituzione - ha detto Di Maio - almeno modifichiamo i regolamenti parlamentari". 

L'articolo 67 della Costituzione prevede che "ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato". Non è dunque obbligato ad andarsene dal proprio gruppo se esprime un voto in dissenso rispetto alla linea indicata. Non ci sono proposte di legge per riformarlo.

Sulla questione - più ampia - del trasformismo sono state, invece, introdotte delle nuove regole nella recente riforma del regolamento di Palazzo Madama. La Camera Alta, in effetti, (con la legge elettorale che prevede la ripartizione dei seggi sulla base regionale) è da anni quella nella quale le maggioranze 'soffrono' di più i cambi di gruppo.

Durante la presidenza del Senato di Pietro Grasso sono state operate, attraverso la modifica dei regolamenti parlamentari, alcune modifiche che incidono non tanto sulla questione del vincolo di mandato ma sulla formazione di gruppi una volta che un parlamentare lascia il partito con il quale è stato eletto. Il nuovo regolamento prevede infatti che ogni gruppo parlamentare, pur mantenendo la soglia minima di dieci senatori, deve rappresentare un partito o movimento politico, anche frutto dell'aggregazione di più sigle, che abbia presentato alle elezioni per il Senato propri candidati con lo stesso contrassegno. Nuovi gruppi, dunque, potranno essere costituiti, anche in corso di legislatura, solo se corrispondono a partiti o movimenti politici che si siano presentati alle elezioni uniti o collegati.

Italia Viva, ad esempio, ha potuto formare un proprio gruppo (e dunque pesare anche nella rappresnetanza nelle commissioni o alla capigruppo) grazie al collegamento con i socialisti che si erano presentati alle elezioni. Il gruppo in effetti si chiama formalmente 'Italia Viva-Psi'. Senza questapossibilità avrebbero dovuto entare come componente del Gruppo Misto. Per disincentivare al massimo i cambi di casacca il Senato ha introdotto anche un'altra norma: la decadenza automatica dall'incarico di vicepresidente o segretario nel caso in cui si lasci il gruppo in nome del quale si è stati eletti. A meno che non sia stato il gruppo a decidere di sciogliersi. 

Ora la questione di una nuova stretta dei regolamenti sembra nuovamente aperta.

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