Una vasta ondata di immigrazione ebraica è prevedibile in Israele nei prossimi 18 mesi. Lo ha anticipato ieri ad una commissione della Knesset la ministra per l'immigrazione Pnina Tamano-Shata (partito Blu Bianco). Un mese fa lei stessa ha creato un precedente quando, con la sua nomina, è diventata la prima componente di un governo nella storia di Israele che sia nata in Etiopia.
Sulla base anche di dati raccolti all'estero dalla Agenzia Ebraica, in Israele si prevede adesso che entro la fine del 2021 potrebbero immigrare fino a 90 mila ebrei, di età media compresa fra 18-35 anni. Un netto aumento rispetto alle immigrazioni dell' ultimo decennio, tutte comprese fra 25-35 mila immigrati all'anno. Questo aumento, secondo il governo, sarebbe da imputare almeno in parte alla crisi innescata dal coronavirus in diversi Paesi al mondo.
Già nei mesi prossimi - ha avvertito il presidente della Commissione parlamentare per l'immigrazione, David Bitan - Israele potrebbe vedere l'arrivo di 45 mila immigrati. Si dovrà approntare per loro edifici adeguati e poi anche opportunità di lavoro. Due compiti ardui, mentre la economia stessa di Israele stenta a riprendersi dalle conseguenze del coronavirus e lamenta un tasso di disoccupazione che si aggira sul 23 per cento.
Per Tamano-Shata si tratta inoltre di una sfida personale perchè ancora non si è trovata una soluzione per la questione dei Falashmura: una comunità etiope con lontane radici ebraiche che da anni bussa alle porte di Israele. Sono 7-14 mila persone, parte delle quali vorrebbero ricongiungersi con parenti in Israele.
Nel frattempo Tamano-Shata è occupata ad assistere quanti sono immigrati in Israele negli ultimi mesi. Il coronavirus ha colpito duramente anche nei centri di assorbimento degli immigrati ed il suo ministero, con un bilancio decurtato negli ultimi anni, si sforza ora di distribuire aiuti di emergenza.
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