Nei degradati rioni proletari a sud di Tel Aviv il coronavirus ha rilanciato la protesta sociale. Oggi, nella sua cassetta delle lettere, il giudice della Alta Corte di Giustizia Uzi Fogelman ha trovato un adesivo dal tono minaccioso. "Il sangue ebraico - era scritto - non sarà versato invano". Firmato: 'Fronte di liberazione del Sud Tel Aviv'. Si tratta di un gruppo radicale vicino alla destra che lotta per l'espulsione di migliaia di migranti africani che risiedono in quei quartieri e che - secondo gli attivisti - godono della benevolenza della Corte Suprema. Gli abitanti israeliani di quei rioni affermano di sentirsi intimoriti da ripetuti episodi di violenza. Da settimane questi attivisti denunciano su Facebook di sentirsi adesso minacciati anche dal coronavirus perché i migranti - per lo più sudanesi ed eritrei - "spesso non rispettano le regole di distanziamento sanitario".
Oggi intanto il 'Centro nazionale di informazione sul coronavirus', una istituzione ufficiale, ha reso noto che dal primo giugno a Tel Aviv si sono avuti 324 contagi. In tutto a Tel Aviv risultano essere malati 140 stranieri privi di status ufficiale, ossia migranti in cerca di asilo. I focolai, precisa il Centro studi, sono stati localizzati a Jaffa (località in prevalenza araba, da giorni agitata da fermenti sociali) ed in posti frequentati da migranti.
Le autorità sanitarie consigliano di estendere la divulgazione di informazioni sul coronavirus negli idiomi parlati dai migranti, di fare più test e di intensificare in quella zona i pattugliamenti delle forze dell'ordine. Peraltro la polizia sta già rafforzando la propria presenza, su iniziativa di un nuovo ministro della sicurezza interna reputato molto energico.