Jair Bolsonaro, il candidato del Partito Social Liberale (Psl, estrema destra) che arriva al primo turno delle presidenziali come chiaro favorito, con il 35% delle intenzioni di voto nei sondaggi, è un veterano della politica brasiliana che si presenta però come un ribelle populista contro l'establishment, sul modello di Donald Trump, per il quale ha già espresso la sua ammirazione.
Ex capitano dell'esercito, Bolsonaro (63 anni) ha infatti completato sei mandati consecutivi come deputato federale eletto a Rio de Janeiro, cambiando otto volte partito fino ad atterrare nel Psl, con il quale è diventato nel 2014 il deputato che ha raccolto più voti nello stato. Considerato negli anni un personaggio minore, quasi folkloristico, del paesaggio politico brasiliano, Bolsonaro era noto soprattutto per le sue sparate contro le donne, i gay e i neri, e a favore del pugno duro contro i criminali, il porto d'armi e la dittatura militare che ha governato il paese dal 1964 al 1985.
Il suo annunciato successo elettorale è attribuito dagli analisti al modo diretto, e per molti primitivo e brutale, con cui affronta i grandi problemi del Brasile: la corruzione politica, la violenza criminale e la crisi economica. In materia economica, ha messo in sordina le sue tradizionali posizioni nazionaliste e protezioniste, assumendo un tono più liberale, anche grazie alla scelta come consigliere di Paulo Guedes - un economista formato alla scuola di Chicago - che lo ha reso più attraente per gli operatori del mercato. La sua ascesa nei sondaggi, inoltre, si è compiuta praticamente senza fare campagna elettorale: colpito da una coltellata all'addome durante un meeting politico a Minas Gerais lo scorso 6 settembre, non ha partecipato ai dibattiti televisivi fra i candidati e ha concesso pochissime interviste durante la sua convalescenza.
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