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Responsabilità editoriale di Advisor
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Le aziende guidate da donne possono conseguire migliori performance. Diversi studi e ricerche tendono a confermare questo paradigma: per esempio, un report di McKinsey sottolinea come le società il cui management è nel miglior quartile per parità di genere abbiano il 21% di possibilità in più di quelle che si trovano nell’ultimo quartile di conseguire maggiori profitti. Mentre un’analisi del Peterson Institute for International Economics rivela come il passaggio da zero al 30% di leader femminili sia associato a un aumento del 15% dei profitti netti. Ha, quindi, senso investire in società dove la trazione femminile del management è più marcata? Le performance storiche non lascerebbero spazio a dubbi come conferma una delle più interessanti ricerche sul tema della parità di genere di Rosenberg Equities.
Le società quotate sul mercato statunitense con oltre il 20% di “diversity board” (un quinto di componente femminile nel consiglio d’amministrazione) non solo hanno ottenuto una profittabilità maggiore della media del mercato, ma hanno anche sfoggiato performance più stabili. Lo conferma tra le altre, la "deviazione standard", che misura statisticamente le oscillazioni di valore (la volatilità) di un asset: nelle società con alta parità di genere questo indicatore è pari all’1,2%, contro una media dell’1,5% e addirittura un 2% di quelle a bassa parità. Le società "al femminile" risulterebbero più stabili anche durante i cali di Borsa, come desumibile dal grafico in alto, in corrispondenza del crollo successivo al fallimento di Lehman Brothers del settembre 2008.
Non solo. L’analisi di Rosenberg Equities rivela come le società ad “alta parità” siano anche quelle con le migliori prospettive di profittabilità futura. Anche in questo caso, inoltre, si nota una minore “deviazione standard” delle società in rosa, quindi un rischio più contenuto. Ma come è possibile che le società con un management al femminile riescano a contenere gli scossoni di Borsa più delle altre? È una peculiarità del gentil sesso anche quando si tratta di investire: le donne non amano il rischio. Lo confermano anche recenti ricerche condotte in Italia, come quella realizzata dal Forum per la Finanza Sostenibile in collaborazione con Doxa dai risultati emerge come solo il 5% delle donne scelga prodotti finanziari a rischio elevato, contro il 12% degli uomini. Un aspetto emerso anche nel sondaggio commissionato da AXA IM a GFK su un campione di mille persone (equamente diviso tra i due generi) con un reddito di almeno 37mila euro l’anno: soltanto il 6% delle donne è disposto ad esporsi al rischio d’investimento, contro il 17% degli uomini.
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