L'agroalimentare conferma le sue
caratteristiche di anticiclicità anche in tempi di coronavirus.
Ad eccezione della pesca e del florovivaismo, è un settore al
momento sotto controllo in termini di tenuta e capacità di
garantire l'approvvigionamento dei mercati. E' quanto emerge dal
Report dell'Ismea realizzato all'indomani delle misure
restrittive adottate dal governo in risposta all'epidemia,
monitorando tutte le filiere agroalimentari. Se sul fronte dei
consumatori c'è stata un'immediata reazione istintiva
all'accaparramento di beni alimentari, spiega l'Ismea, sul
fronte politico c'è la consapevolezza che il buon funzionamento
della filiera e la capacità di assicurare l'approvvigionamento
alimentare rappresentino un segnale importante dal punto di
vista economico e sociale.
Tuttavia, fa notare l'Ismea, la veloce evoluzione del
contesto potrebbe mutare via via gli scenari. La progressiva
chiusura del canale Horeca (ristorazione collettiva privata e
pubblica) a livello nazionale e internazionale, ad esempio, ha
sottratto uno sbocco importante per i prodotti di posizionamento
alto e medio-alto, come vino e formaggi. Un vuoto che la
sostituzione delle consegne a domicilio ha solo in minima parte
compensato. Per quanto riguarda la distribuzione al dettaglio,
pesa la perdita di peso dei mercati rionali, molti dei quali
chiusi in assenza di strutture fisse e la chiusura dei centri
commerciali e quindi del canale iper, spesso prevalente in
questi contesti. Nelle imprese, denuncia l'Ismea, comincia a
essere problematica la carenza di manodopera, a cui si
aggiungono criticità a livello di logistica e trasporti. Inoltre
la paventata chiusura delle frontiere di alcuni Paesi potrebbe
causare problemi per l'approvvigionamento di materie prime da
trasformare o di prodotti finiti per il quale l'Italia non è
autosufficiente.
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