(di Francesca Pierleoni)
Una bionda turista europea armata di
balestra a cui viene portata la 'vittima' ancora mezza sedata,
all'interno di un recinto per permetterle di colpirla e farsi
così' un trofeo per il salotto di casa: è lo scioccante quanto
reale simbolo delle ferite porta costantemente dall'uomo alla
natura, presente in una scena di Mia e il leone bianco, di
Gilles de Maistre, family movie francese sull'amicizia, al di là
di ogni ostacolo e pericolo, che nasce in Sudafrica tra un leone
e una bambina. Il film, nelle sale italiane dal 17 gennaio con
Eagle Pictures, è una favola moderna che unisce grazia e
realismo, per far arrivare anche ai più giovani, l'importanza
della difesa dell'ecosistema. E il pubblico sta rispondendo
bene: dopo il debutto alla Festa del Cinema di Roma, Mia e il
leone bianco ha avuto finora oltre 900 mila spettatori in sala
in Francia ed è stato venduto in tutto il mondo.
Il film, che ha nel cast anche Melanie Laurent e Langley
Kirkwood, è stato interamente girato dal vero, senza ricorrere
al CGI, presso la Welgedacht Reserve vicino Pretoria, sotto la
supervisione di Kevin Richardson, zoologo esperto di leoni, noto
anche come "L'uomo che sussurrava ai leoni", che ha aiutato a
garantire tanto la massima sicurezza per troupe e cast che il
benessere degli animali. Dopo le riprese i 6 leoni utilizzati
sono rimasti a vivere insieme nella riserva di Richardson,
grazie a un fondo creato dalla produzione.
"Kevin mi ha detto che sarebbe stato possibile rappresentare
l'amicizia tra una bambina (interpretata da Daniah de Villiers)
e un leone in modo credibile, senza che la bambina corresse
rischi, solo creando un legame tra loro quando il leone era
ancora in tenera età - ha spiegato il regista -. E così abbiamo
fatto. Le riprese, in varie sessioni, sono durate tre anni". La
storia è di finzione, "ma il rapporto tra Daniah e il leone è
reale". La cosa paradossale "è che loro sul set erano gli unici
liberi, tutto il resto della troupe era protetto dalle gabbie".
Nella trama, Mia è la figlia 11enne del proprietario in
Sudafrica di una fattoria dove vengono 'allevati' leoni per
rivenderli poi a circhi e zoo, o almeno così crede la bambina.
La famiglia si è riunita in Africa dopo un periodo passato dalla
piccola con la madre (Laurent) e il fratello maggiore a Parigi e
Mia non si abitua a quella nuova vita. Almeno finché non
incontra Charlie, raro cucciolo di leone bianco, con cui Mia
stringe da subito un legame profondissimo, nonostante i timori
dei genitori per l'incolumità della figlia. Quando dopo tre
anni, il padre dell'ormai teenager Mia, decide di vendere il
leone, la protagonista, scoprendo la reale destinazione di
Charlie, decide di salvarlo, iniziando con lui un lungo viaggio,
pieno di pericoli e sorprese, nella savana verso una mitica
riserva.
Il messaggio della storia è "di difesa del nostro pianeta e
della natura, dell'importanza, che ci deve essere, del rispetto
reciproco - ha detto De Maistre - Volevamo portare a un grande
pubblico l'idea che ognuno di noi può diventare parte attiva per
cambiare il mondo. Con mia moglie (Prune de Maistre,
sceneggiatrice) volevamo uscire dai documentari scientifici, per
creare qualcosa che emozionasse soprattutto bambini e genitori".
Ed alla fine del film si ricorda che la terrificante 'canned
hunting', pseudocaccia a beneficio di ricchi turisti con
l'animale da uccidere confinato in un'area limitata senza
possibilità di scappare, è perfettamente legale in Sudafrica (è
un business da 36 milioni di dollari), dove i leoni
d'allevamento sono circa 8000 contro i 3000 allo stato brado.
Inoltre secondo i dati della fondazione Kevin Richardson in 80
anni la popolazione dei leoni selvaggi è passata da 450 mila a
circa 15-20 mila e proseguendo a questi ritmi tra 20 anni la
specie sarà estinta.
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