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Schnabel, Dafoe e i tormenti di Van Gogh

In sala dal 3 gennaio il film valso all'attore la Coppa Volpi

    ROMA- "Volevo solo essere uno di loro": la ricerca della normalità, che ha tormentato tutta la vita di Vincent van Gogh sempre ai confini con la follia, è al centro dell'interpretazione di Willem Dafoe, che dà il volto all'artista nel film di Julian Schnabel 'Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità', in sala dal 3 gennaio distribuito da Lucky Red in associazione con 3 Marys Entertainment, dopo la presentazione in concorso alla Mostra del cinema di Venezia. Un ruolo che è valso a Dafoe la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile e la candidatura ai Golden Globe 2019 come miglior attore in un film drammatico.
    Ventidue anni dopo Basquiat, Schnabel, in questo caso in qualità di pittore prima ancora che di regista, ha firmato un'opera-sfida che pone una domanda: si può raccontare davvero un genio assoluto, un mito dell'arte? "Tutto quello che volevo dire sulla pittura, l'ho detto in questo film e molte cose le ho dette per voce di Van Gogh - ha spiegato il regista a Venezia - tenendo conto che ognuno di noi ha la sua personale visione di quest'artista".
    Nel film, che parte in tono minore, didascalico, ma poi lentamente cresce seguendo, più che gli avvenimenti, il flusso di coscienza dell'artista, vengono raccontati gli anni trascorsi da van Gogh nel sud della Francia, il suo complicato rapporto con Paul Gauguin, quello straordinario con il fratello Theo, la dipendenza dall'assenzio e, ovviamente, le sue ripetute permanenze in manicomio a cui si adattava di buon grado. E ancora, in tutto il film, la sua dannata esigenza di dipingere sempre, comunque e nonostante tutto ("è il mio modo di non pensare").
    Ma di una cosa il regista, tornato alla regia a otto anni da Miral, è certo: "Van Gogh, come si legge nelle sue lettere, era lucido, consapevole del suo valore e forse, come si vede in uno dei tanti dialoghi del film, s'identificava davvero in Gesù. Ma ci tenevo anche molto a rappresentare la sua paura di impazzire, di essere sempre ai confini della sanità mentale".
    Dello stesso parere Dafoe: "Van Gogh era lucido, consapevole, e non solo un genio pieno di tormento. Voleva poi farsi prete, questo è certo. Come è vero che per lui la Bibbia era il libro più bello in assoluto e che Van Gogh considerava Gesù un pazzo proprio come lui". Per entrare nel personaggio, ha spiegato l'attore, "ho dovuto imparare a dipingere, era davvero necessario. In questo ovviamente mi ha aiutato Schnabel e solo allora ho capito meglio quello che avrei dovuto fare".
    Frase cult del film quella che lo stesso artista dice a un prete (Mads Mikkelsen) in manicomio quando gli chiede se è davvero certo del suo valore artistico: "Anche Gesù è stato riconosciuto davvero a venti, trent'anni dalla sua morte".
    Nel cast del film anche: Oscar Isaac, Rupert Friend, Niels Arestrup, Stella Schnabel e Mathieu Amalric. (ANSA).
   

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