(di Mauretta Capuano)
Rileggendo la Divina Commedia, a 700
anni dalla morte del Sommo Poeta, "c'è veramente molto da
scoprire in questo testo meraviglioso", anche che "Dante era
molto probabilmente un epilettico". Lo dice all'ANSA la poetessa
Biancamaria Frabotta, docente di Letteratura italiana alla
Sapienza di Roma da poco in pensione, che al Sommo Poeta ha
dedicato una poesia in cui fa riferimento alla sua "somma
epilessia che gli ispirò eterna verità", ai mancamenti e alla
commozione di Dante.
"L'epilessia di Dante è una tesi che è stata sostenuta da uno
studioso molto serio, Marco Santagata, morto poco tempo fa, che
ha scritto vari libri facendoci notare quanti mancamenti ci
siano nella Divina Commedia. Dante soffriva di molti mali fisici
e come donna questo mi ha colpito in modo particolare. E' uno
dei pochissimi poeti che nel Medioevo descrive i suoi mali, uno
di questi era proprio, molto probabilmente, l'epilessia. Dante
descrive che cosa si prova a precipitare in un mancamento e a
rimanere totalmente spaesati e straniati quando si ritorna alla
coscienza" spiega la Frabotta. "Questo - aggiunge - non veniva
detto, perché nel Medioevo si pensava che l'epilessia fosse un
male contagioso. Dante soffriva anche agli occhi, perché leggeva
moltissimo in una situazione che certo non era la nostra. Il
poeta ha un mancamento quando conosce Beatrice e lo descrive.
Del resto la Divina Commedia è una visione e questo è un motivo
di grandissima modernità".
Letta il 21 marzo su Radio3, in occasione della Giornata
mondiale della Poesia, la richiesta era che la poesia della
Frabotta si ispirasse a un verso dantesco. "Io ne ho scelto uno
che viene dal girone degli invidiosi del Purgatorio: 'A me
pareva, andando, fare oltraggio, veggendo altrui, non essendo
veduto'" spiega la poetessa sulla quale "ha agito molto questa
ricorrenza. Pure io mi sono rimessa dentro Dante" dice. "Piange
il poeta senza invidia, male di cui non patisce e compatisce fra
le lacrime la nostra cecità senza visione" sono i primi versi
della poesia.
"Gli invidiosi sono stati puniti in modo terribile: i loro
occhi sono cuciti con un fil di ferro e quindi sono costretti a
essere guardati da Dante, ma loro non possono vedere. Una cosa
verso la quale il Sommo Poeta prova un tale dolore che
addirittura si mette a piangere. Gli pare di fare un'offesa
terribile a guardare, fissare questi sciagurati sotto uno
sguardo che non possono ricambiare". Non è facile che Dante
pianga nella Commedia e nella poesia della Frabotta "piange per
i poeti d'oggi".
"Dante crede al suo viaggio, alla sua visione e lo fa con
moltissimi elementi di grande umiltà. Ma 'superbo della sua
superbia', come dico nei miei versi, sapeva che sarebbe stato
punito, se non avesse avuto la grazia di Dio che lo proteggeva
nella sua visione. Il poeta conosce la sua grandezza, ne è
cosciente. Un vero genio è nello stesso tempo moderno e anche
perfettamente consapevole della sua genialità" sottolinea.
La visione delle donne nella Commedia ma anche in altre opere
di Dante, nel Dolce Stil Novo, non ha niente a che vedere con
l'oggi. "Beatrice fa tramite, ma lo rimprovera e anche in modo
intenso. Ho amato molto a lungo e conosciuto bene Giorgio
Caproni che aveva scritto un libro bellissimo 'Il seme del
piangere' che era proprio una citazione da Dante, quella in cui
Beatrice dice al poeta che si commuove: 'deponi il seme del
piangere'. Nella Commedia e anche in tante altre opere, nel
Dolce Stil Novo, la donna era al centro. Ma se si va a vedere
sappiamo molto poco di Beatrice, pare fosse una donna sposata.
Quando stiamo a contatto di questi grandi dobbiamo cercare di
capire quanto lontana da noi era la loro epoca, lo dicevo sempre
ai miei studenti. La poesia ha la possibilità di durare nel
tempo, purché si capisca e si rispetti per quello che è. La
poesia è una cosa complicata" sottolinea la Frabotta.
"Dire le donne in Dante ci porta da un'altra parte. E'
qualcosa che non ha nessuna corrispondenza con il fatto di
riconoscerci come genere e chiedere parità" dice la Frabotta e
aggiunge: "Si legge Dante e magari non lo si capisce. Chi sono i
giovani che leggono e capiscono la lingua di Dante, quanto si
studia nelle scuole?". Quello che si augura la poetessa è che
"si senta la mancanza di Dante. Penso essenzialmente ai
giovanissimi che mi auguro sentano la mancanza di qualche cosa
che loro potrebbero non conoscere mai più" sottolinea la
Frabotta che sta lavorando a un nuovo libro di poesie in cui ci
saranno, oltre a quelli scritti per il 21 marzo, anche "altri
versi in cui ho fatto un paragone tra l'epilessia di Dante e
Dostoevskij che era un vero epilettico" racconta.
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