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Barbagallo, al Salone del Libro spartizione come in Rai

Barbagallo, al Salone del Libro spartizione come in Rai

Per 12 anni direttrice Più libri più liberi, tra i 53 candidati

ROMA, 16 febbraio 2023, 18:19

di Mauretta Caouano

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Dopo il ritiro di Paolo Giordano dalla corsa per la direzione del Salone del Libro di Torino, perché "non ci sono le condizioni di indipendenza e serenità", si scaldano le polemiche. Silvia Barbagallo, per 12 anni direttrice della Fiera della piccola e media editoria 'Più libri più liberi' e tra i 53 che hanno risposto alla chiamata pubblica per la scelta del successore di Nicola Lagioia, rincara la dose. "Quello che è chiaro ora è che il nome del prossimo direttore del Salone del Libro deve essere ben voluto da troppe parti. Deve rispondere a dei criteri che non sono più culturali, ma di spartizione, che è una logica Rai incredibile, non rappresentata dal Salone finora" dice all'ANSA. "La destra meloniana, che non è il berlusconismo, rispetto alla cultura ha un desiderio di controllo piuttosto importante. Lo abbiamo ben visto al Maxxi di Roma: subito al posto di Giovanna Melandri è stato messo Alessandro Giuli, uno degli uomini più vicini a Giorgia Meloni" sottolinea. Organizzatrice da oltre vent'anni di palinsesti culturali di festival e fiere in Italia e all'estero, Barbagallo, che ora collabora con la direzione de La Repubblica per gli eventi sia digitali che in presenza, ricorda anche di aver dovuto fare i conti con "la censura". "Ho subito sulla mia pelle quello che è il condizionamento politico nella cultura e non porta a niente di buono, purtroppo. Quello che vedo in queste ore lo conosco molto bene. Ero stata chiamata dal Festival degli Incontri per il decennale del Festival dell'Aquila nel 2019. Sono stata chiamata dal ministero, non dal sindaco, che aveva stanziato una somma per le celebrazioni. Ho fatto tutto il programma. Quando il sindaco Pierluigi Biondi, uno degli uomini più vicini alla Meloni all'epoca, lo ha visto, mi ha chiesto di togliere Saviano e Zerocalcare che non erano bene accetti. Io mi sono rifiutata e sono stata scaraventata fuori. Il rischio che vedo in queste ore sul Salone del Libro di Torino è anche un po' questo". Anche se, dice, "Giordano non ha subito una censura, ma si è reso conto che i confini erano stretti, che si andava a mettere in una situazione complicata" sottolinea. "La cultura non dovrebbe mai essere soggetta alla politica, altrimenti è una sconfitta sociale, collettiva". E poi, incalza, "è stata fatta una chiamata pubblica per la prima volta nel mondo della cultura. Hanno risposto in 53, ma chi sono? Alcuni noti li sappiamo, Loredana Lipperini, Valeria Parrella, ma arriviamo a dieci. Tutti gli altri? La chiamata pubblica andava cavalcata fino in fondo". "Nessuno ci ha chiamato - racconta -, non abbiamo fatto colloqui di nessun tipo. Se la scelta cade su Giordano devi difenderlo, proteggerlo. Altrimenti entri in contraddizione totale. Il messaggio che arriva all'esterno è di una confusione assoluta". Poteva essere, aggiunge, "una bella occasione, una scintilla interessante. Invece ci sentiamo parte di un teatrino. Hanno voluto fare la gara per dare l'idea che dopo Lagioia avrebbero scelto in base al pluralismo, alla diversità e il risultato è un'operazione storta. Mi pare che qualsiasi obiettivo sia stato fallito e mai una donna tra i favoriti". La richiesta di rinvio a giugno della nomina del successore di Lagioia dopo mesi di scontri cosa porterà? "La avrei vista bene se non ci fosse stata tutta questa pantomima prima. Se fai un'azione di chiamata e poi arrivi a giugno stai dichiarando che c'è una rogna in corso che offuscherà drammaticamente questa edizione del Salone. Un'edizione che dalle prime anticipazioni come contenuti è fortissima. Nicola Lagioia non sta facendo un'operazione di remi in barca. Anche in questo suo ultimo anno sta dando massima dignità alla manifestazione che ha salvato. Invece tutta questa storia gestita malissimo alla fine va a inficiare il prodotto culturale".

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