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Bill Murray tra ritardi e ironia

Appello ai romani, amate la vostra città. Ma non si fa tradurre

ROMA - L'intemperante, imprevedibile ed eclettico Bill Murray, sempre un po' 'Ghostbuster', a Roma preferisce il pigiama ai premi. Forfait nel pomeriggio per l'incontro stampa ristretto con i giornalisti ("è ancora in pigiama in albergo" dice imbarazzato il direttore artistico Antonio Monda) e in grande ritardo in serata (40 minuti) nella sala Sinopoli per ricevere il premio alla carriera della Festa di Roma dalle mani di Wes Anderson, ovvero il regista che più di ogni altro ha contribuito a renderlo un'icona.

E non finisce qui. Insieme sul palco con Antonio Monda come moderatore, Bill Murray impedisce all'interprete, Olga Fernando, di fare il suo lavoro: ovvero tradurre domande e risposte. E questo, durante tutto l'incontro, tra le proteste di parte del pubblico pagante che chiedeva di capire cosa si stesse dicendo. "Siamo dei veri americani aggressivi, se volete vi fate dire la traduzione dal vicino" dice a un certo punto scherzando lo stesso Murray, nel silenzio, forse imbarazzato, di Monda. In questo incontro, davvero singolare, si sono visti interventi video di amici eccellenti come quello di Jarmush ("Meriti il premio anche solo per essere te stesso. Sei un attore straordinario, potresti fare qualsiasi cosa caro Bill motherfucker Murray") e anche interventi fisici come nel caso di Frances McDormand che, salita acrobaticamente sul palco e messasi sulle sue gambe ha detto a Murray: "Sono qui per te, Bill, perché tu ci sei sempre stato per me".

L'attore, giacca da smoking, papillon, panama nero e scarponcini, alla fine ha fatto solo se stesso, il suo personaggio, ricordando parte della sua carriera come quando sul set di Moonrise Kingdom di Anderson "lavoravamo come pazzi e mangiavamo solo a mezzanotte", ma soprattutto come fu "bello lavorare con un regista che si prende il tempo per guardare il cielo e aspettare la luce giusta. Un regista poi - aggiunge - che si diverte come un bambino nelle pause". E poi tra i suoi ricordi arrivano le Polpette di Ivan Reitman, "che preoccupato per il risultato del film ha detto: casomai lo facciamo vedere ai turchi. Polpette alla fine funzionò al botteghino, ma la sera ero così stanco che mi mettevo un disco e mi addormentavo prima dell'ultimo brano". Con Wes Anderson, con il quale ha girato ben nove film, il rapporto resta speciale: "In passato mi spiegava i personaggi che avrei interpretato. Ora non più. Ci sediamo a prendere un aperitivo, ci guardiamo e pensiamo: o ne ordiniamo un altro o parliamo del film. L'ultima volta che mi hanno dato un suo copione mi hanno chiesto se volevo incontrare il regista. Ho risposto solo no". Murray ha ringraziato poi persone importanti come John Belushi, "a cui devo il successo, e nella seconda parte della mia carriera tre registi: Wes, Sophia Coppola e Jim Jarmusch".

Arriva, a fine incontro, l'ultima clip video, quella di Lost in Translation, e il saluto divertito di Tilda Swinton (da un campo di minigolf). Alla fine un singolare appello di Murray dedicato alla città di Roma: "Roma è una città bellissima, ma la parte più bella della sua storia l'hanno fatta gli altri, quelli che sono venuti prima. E i romani oggi devono avere cura di questa città, amarla. Io mi sento oggi così, come loro".

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