Un Cristo con barba e cappello che
sfiora gentile i capelli rossi della Maddalena eppure non la
tocca e non la guarda, quasi non la vedesse, ormai lontano, come
gli occhi di lei, bellissimi, non riescono a incontrare quelli
di lui. C'è tanto del Caravaggio, almeno nella.luce e nelle
ombre, nella carnalità dei protagonisti di Noli me tangere del
napoletano Giovanni Battista Caracciolo, detto il Battistello,
e c'è già la consapevolezza del 'dopo' di una pittura che il
genio del Merisi rompendo le regole aveva ormai cambiato.
A questo 'dopo'', allo spartiacque che nella pittura
napoletana del '600, epoca d'oro dell'arte, creò il passaggio di
Caravaggio, è dedicata a Prato una piccola, preziosa esposizione
- dal 14 dicembre al 13 aprile 2020 a Palazzo Pretorio - che
indaga il dialogo tra due collezioni, quella ricchissima di
Palazzo Pretorio appunto e quella più raccolta, ma infinitamente
raffinata, messa insieme nell'ultima metà del secolo scorso da
Giuseppe De Vito, e insieme racconta, proprio attraverso le
raccolte di opere d'arte, la storia e le ricchezze, i rapporti
con Roma, con Napoli e con i protagonisti dell'arte di allora,
di alcune famiglie di Prato.
Due sale in tutto nelle quali l'intimo allestimento tende a
ricreare l'atmosfera di un salotto, come sottolineano
le.curatrici Rita Iacopino e Nadia Bastogi, ricche però di
opere molto poco conosciute, in alcuni casi mai viste, accanto a
tele seicentesce di grande notorietà e suggestione del museo
pretorio, per una mostra accompagnata da un ricco catalogo e da
una serie di studi che hanno portato a novità per la storia del
territorio e che offrono ai visitatori una finestra raffinata e
interessante su un momento fondamentale della pittura italiana.
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