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Logo, sito e giardino, il museo Ginori scalda i motori

Logo, sito e giardino, il museo Ginori scalda i motori

Tre anni e 5,5 mln per fine lavori. Franceschini, "mi impegno"

ROMA, 16 maggio 2022, 18:48

di Silvia Lambertucci

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Gio Ponti, Coppe decoro Fun�railles de Thais, Fantini, Velesca, porcellana dipinta in policromia, Manifattura Richard-Ginori di Doccia, 1925-1930, - RIPRODUZIONE RISERVATA

Gio Ponti, Coppe decoro Fun�railles de Thais, Fantini, Velesca, porcellana dipinta in policromia, Manifattura Richard-Ginori di Doccia, 1925-1930, - RIPRODUZIONE RISERVATA
Gio Ponti, Coppe decoro Fun�railles de Thais, Fantini, Velesca, porcellana dipinta in policromia, Manifattura Richard-Ginori di Doccia, 1925-1930, - RIPRODUZIONE RISERVATA

 Dalle intuizioni geniali di Carlo Ginori, che nel '700 tradusse in porcellana i capolavori della storia dell'arte, alla prolifica creatività di Giò Ponti, che nei primi decenni del Novecento diresse a distanza la manifattura firmando migliaia di piatti, tazzine, servizi, piccole grandi invenzioni, ognuna un capolavoro. Altro che tazzine della nonna, insomma: frutto di una battaglia civica durata anni, affidato dal ministero della Cultura a una Fondazione, che ora conta pure un inedito "comitato sociale", il museo Ginori, promette di raccontare ai suoi futuri visitatori "una straordinaria storia dell'arte" e insieme "una straordinaria storia di popolo", dando conto, insieme alla bellezza delle porcellane, di  tutti gli scioperi, le lotte i movimenti dal basso che hanno animato la vita di un'azienda manifatturiera così importante per la storia economica e sociale della Toscana.

E siccome tra lavori di ristrutturazione dello storico edificio e allestimento della collezione il da fare è ancora molto, si parte intanto come si può, cominciando con l'apertura alla comunità del grande giardino che si accompagna al nuovo logo e al primo nucleo del sito (museoginori.org) con foto, storie, podcast, e porte aperte alle idee che ancora una volta arrivano dal basso, dalla comunità locale alle tante associazioni del territorio. "Una bella storia che sta facendo da modello per altre situazioni", applaude il ministro della Cultura Franceschini citando l'esempio della Fondazione Mitoraj a Pietrasanta che ne seguirà le orme. "Un centro di cultura e un grande punto di riferimento per la Toscana", sottolinea accanto a lui il governatore Eugenio Giani, immaginando che il nuovo museo potrà essere anche il punto di partenza per un giro nelle ville medicee.

 

Ospitato nello stabilimento in cemento armato che era stato progettato a Sesto Fiorentino da Pier Niccolò Berardi e inaugurato nel 1965, il rinato museo aprirà le porte in realtà fra non meno di tre anni, contando su un investimento complessivo dello Stato di circa 7,5 milioni di euro, la gran parte dei quali (5,5 milioni) deve ancora essere stanziata. "Mi impegnerò perché tutte le risorse necessarie vengano approvate entro la legislatura", assicura il ministro strappando il sorriso al battagliero sindaco di Sesto, Lorenzo Falchi. Al momento, spiega accanto a loro Tomaso Montanari, orgoglioso "presidente a titolo gratuito" della fondazione nata nel 2019, si sta provvedendo al progetto esecutivo del primo step di lavori, già finanziati con 1,9 milioni di euro, con i quali si conta di ristrutturare i due terzi del pian terreno. Gli altri soldi attesi dal governo serviranno a completare il piano terra e a ristrutturare il primo piano, per poi passare all'allestimento della strepitosa collezione - oltre 8 mila porcellane dal '700 ai giorni nostri - e quindi, finalmente, all'apertura al pubblico. "Tre anni a partire da oggi", si lancia Montanari, che spera poi di acquisire nuovo terreno per fare spazio a laboratori di restauro, uffici, magazzini che nel piccolo edificio non trovano posto.


    Intanto è lui che oggi tiene le fila di un lavoro che dal 2017, quando lo Stato acquisì edificio e collezione, non si è mai fermato, a cominciare dalla messa in sicurezza delle coperture dell'edificio, con 300 mila euro investite dalla Direzione Musei della Toscana. Adesso il museo Ginori ha un direttore, Andrea Di Lorenzo, affiancato dalle conservatrici Olivia Rucellai e Rita Balieri, un consiglio di amministrazione, un consiglio scientifico e pure un comitato sociale, pensato, spiega il professore, "come una camera di ascolto e coprogettazione della direzione culturale e sociale". In questi anni è stato fatto l'inventario della collezione, con un archivio digitale, si organizzano attività didattiche, mostre, conferenze. L'apertura del giardino e il nuovo sito disegnato da Muttnik, con il logo dove trovano posto l'azzurro e l'oro di Ginori insieme con il rosso del movimento operaio, segnano un altro fondamentale passo in avanti, si accalora Montanari, per un museo "immaginato davvero come un bene comune".
   

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