Il giorno della sentenza di
Avellino per la strage dell'acquedotto Acqualonga, dove morirono
40 persone, Giovanni Castellucci incontrò Paolo Berti, ex
direttore operazioni di Autostrade per l'Italia, per
"rabbonirlo" dopo la pesante condanna a cinque anni e 10 mesi.
Ma soprattutto lo vide per promettergli "una garanzia per tutta
la vita per lui e la famiglia". E' quanto emerge dalle carte
dell'inchiesta sulle barriere fonassorbenti pericolose che ha
portato ai domiciliari l'ex ad di Aspi e Atlantia e i suoi
dirigenti.
Castellucci, sostengono gli inquirenti, ha Saputo che l'ex
manager è arrabbiato perché si aspettava una condanna inferiore
e soprattutto perché invece il suo capo si è salvato grazie alle
sue menzogne. L'ex ad lo fa chiamare dai suoi collaboratori e,
dopo molte insistenze, è Michele Donferri Mitelli che lo fa
andare a prendere con un taxi Aeroporti di Roma spa, controllata
da Atlantia dove era stato "promosso" dopo il crollo del ponte
Morandi, e lo porta da Castellucci. "Ha chiesto una... ha
chiesto una mediazione con te...", dice Donferri al telefono,
"ti vuole rasserenare e ti aiuterà per tutta la vita... ti vuole
dire questo messaggio...". E ancora: "Mollo (ex direttore
generale assolto nel processo di Avellino) si è salvato perché
stava attaccato al suo treno... e allora attaccate pure tu a sto
c. di treno..." Berti si lamenta anche con la moglie di questa
assoluzione. "Mollo lo sapeva che perché Mollo sapeva benissimo
che c'era quella barriera che dava quel problema lì, e quindi
non ha fatto un cazzo".
La procura di Genova aveva trasmesso gli atti ai colleghi di
Avellino. Non è escluso, sottolineano fonti vicine agli
inquirenti, che i pm campani possano contestare a Castellucci
l'articolo 377 bis, e cioè induzione a non rendere dichiarazioni
o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria.
Perché la linea da seguire, anche per le indagini sul crollo di
Genova, era quella di fare ricadere le colpe sui direttori di
tronco.
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