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Mostre: l'Inquisizione tra roghi e memorie

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Mostre: l'Inquisizione tra roghi e memorie

Esposti documenti originali sui processi agli "eretici"

PALERMO, 04 dicembre 2021, 17:30

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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La storia dell'Inquisizione raccontata con libri antichi, documenti storici inediti e manoscritti risalenti fino al XVI secolo. In undici percorsi tematici articolati in 22 postazioni viene ricostruita una delle pagine storiche più oscure con una una mostra che resterà aperta fino al 22 marzo a villa Adriana a Palermo, una dimora settecentesca con affreschi ricchi di simbologia esoterica . La mostra è stata organizzata nell'ambito delle iniziative che ricorderanno il procuratore Antonio Scaglione e l'agente Antonio Lorusso uccisi dalla mafia il 5 maggio 1971. L'esposizione mira a documentare l'evoluzione dell'istituzione ecclesiastica che aveva il compito di indagare e punire gli autori e i sostenitori di dottrine, tesi e pratiche considerate contrarie all'ortodossia religiosa. Particolare attenzione è stata riservata dai curatori, Antonio Scaglione e e Francesco Callari, all'esperienza dell'Inquisizione in Sicilia che ebbe fasi, vicende e protagonisti diversi. Uno dei momenti più spettacolari dell'Inquisizione siciliana fu la solenne esecuzione sul rogo degli "eretici" fra Romualdo e suor Geltrude a Palermo nel 1724.
    Di grande effetto anche la vicenda di fra Diego La Matina che nel 1658 uccise colpendolo con i ceppi durante un "colloquio privato" il suo inquisitore Juan Lopez de Cisneros. Quell'atto di tragica ribellione è stato raccontato da Leonardo Sciascia nel libro "Morte dell'inquisitore". Il lento declino dell'Inquisizione siciliana ebbe fine solo nel 1782 quando il viceré Domenico Caracciolo, amico degli illuministi francesi e grande riformatore, si fece promotore dell'abolizione del "terrible monstre". Il 16 marzo 1782 Ferdinando di Borbone emise il decreto che aboliva l'Inquisizione siciliana a cui seguì la chiusura delle carceri, la distruzione di stemmi e insegne, l'eliminazione delle gabbie di ferro utilizzate per esporre le teste dei ribelli sulla facciata del palazzo Chiaramonte di Palermo. Poco dopo, l'intero archivio inquisitoriale venne dato alle fiamme.
   

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