Una famiglia proveniente da Sanluri,
nella provincia del Sud Sardegna, a fine agosto è stata respinta
all'ingresso del Bioparco di Roma in quanto proveniente
dall'isola che negli ultimi tempi è al centro delle cronache per
via del coronavirus. Lo racconta alla Nuova Sardegna Agostina
Mancosu, che con il marito e i due figli ha provato a visitare
il parco archeologico durante una vacanza nella capitale.
"Eravamo in fila davanti alla biglietteria quando siamo stati
avvisati da un inserviente che i tagliandi erano disponibili
solo sul sito", afferma Mancosu. "Quando un addetto del parco ha
sentito il dialogo con l'inserviente, ha riconosciuto l'accento
sardo e mi ha detto che avrebbe dovuto informare un superiore
della nostra presenza. Il responsabile è arrivato con
un'autocertificazione in mano. Nel documento - evidenzia - era
scritto che, secondo le disposizioni del ministero e della
Regione Lazio, l'accesso al parco non sarebbe stato consentito
alle persone in arrivo dai quattro paesi sotto osservazione a
livello nazionale (Spagna, Grecia, Croazia e Malta) ma anche
dalla Sardegna".
"Mi sono lamentata, ho fatto presente che non esiste alcuna
norma di questo tipo e ho anche chiesto se per caso non fossero
stati loro ad aggiungere il divieto per chi arriva dalla
Sardegna. L'unica risposta che ho ottenuto è che loro dovevano
fare di tutto per proteggere la salute dei visitatori ma anche
degli animali, perché secondo alcuni studi fatti a New York, il
virus potrebbe fare un ulteriore salto di specie. Nel caso, non
avrebbero saputo come curarli, racconta Mancosu.
A distanza di giorni - riferisce il quotidiano - la donna ha
ricevuto via mail un messaggio del presidente della fondazione
Bioparco che ha confermato che il divieto sarebbe arrivato "da
un'indicazione amministrativa emanata dalla Regione Lazio".
Mancherebbero tuttavia i riferimenti a un'eventuale delibera
che, a differenza di quanto scritto nei Dpcm emanati dalla
presidenza del Consiglio dei ministri, equipara la Sardegna alle
4 nazioni finite sotto osservazione per la diffusione del
Covid-19.
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