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CRV - Università Padova: Ricerca scientifica sulle infiltrazioni criminali nel tessuto produttivo

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CRV - Università Padova: Ricerca scientifica sulle infiltrazioni criminali nel tessuto produttivo

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Responsabilità editoriale di CONSIGLIO REGIONALE VENETO

prioritario investire nel riutilizzo sociale dei beni confiscati o sequestrati

13 luglio 2020, 15:06

CONSIGLIO REGIONALE VENETO

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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PressRelease - Responsabilità editoriale di CONSIGLIO REGIONALE VENETO

(Arv) Venezia 13 lug. 2020  -  Il Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali 'Marco Fanno' dell'Università degli Studi di Padova ha organizzato oggi un Webinar dal titolo: “La presenza di organizzazioni criminali nell'attività economica. Effetti, modelli operativi e strumenti di contrasto”, che è stato moderato dal giornalista del gruppo Gedi Paolo Cagnan. 
Al centro del seminario l’urgenza di arginare l’infiltrazione mafiosa nel tessuto economico e lo studio di modalità che consentano il riutilizzo sociale dei beni confiscati o sequestrati alla criminalità organizzata.

Il vicepresidente del Consiglio regionale del Veneto, Bruno Pigozzo, ha portato i saluti <<del Presidente del Consiglio regionale, Roberto Ciambetti, e dell’Assessore regionale Cristiano Corazzari, i quali hanno seguito negli ultimi mesi con attenzione l’evolversi del progetto di ricerca, che è frutto della collaborazione tra Università degli Studi di Padova e il Consiglio e la Giunta regionale>>. 
<<Dopo il primo appuntamento che si è tenuto lo scorso mese di ottobre al palazzo del Bo, a Padova, era necessario fare il punto della situazione ed essere sempre aggiornati sull’evoluzione dell’infiltrazione mafiosa all’interno delle realtà produttive, soprattutto dopo il lockdown e la crisi economica prodotta dal Coronavirus – ha premesso Pigozzo – Da marzo a maggio sono state aperte molte attività commerciali e si è intensificata l’attività investigativa svolta dalle Procure e dalla Guardia di Finanza. È ormai consolidata, purtroppo, la presenza della criminalità organizzata e mafiosa in Veneto. Questo ci impone di essere ancora più vigili e attenti, alzando il livello della sorveglianza e collaborazione istituzionale con le forze dell’ordine, le Procure e la Guardia di Finanza>>. Il vicepresidente del Consiglio regionale ha evidenziato come <<la ricerca scientifica condotta dal team del professor Parbonetti, oltre a delineare bene la cornice entro cui si sviluppa il fenomeno dell’infiltrazione illecita nel nostro territorio, fornisce gli strumenti per prevenirla e contrastarla. Ma dobbiamo proseguire sulla strada intrapresa ed è fondamentale la gestione dei beni confiscati alle mafie nell’ottica di un loro riutilizzo sociale: il gruppo di lavoro istituito un paio d’anni fa dal Coordinamento nazionale delle Assemblee Legislative ha prodotto uno schema di proposta di legge regionale per il recupero sociale dei beni confiscati. Vengono fornite linee guida e criteri generali e uniformi su tutto il territorio nazionale: ogni regione potrà appropriarsene e adattare la normativa alle particolari caratteristiche del tessuto socio- economico locale>>. 
Pigozzo ha anche indicato gli obiettivi dei prossimi mesi: <<Costruire una maggiore consapevolezza politica sul territorio capace di porre in essere strumenti di prevenzione; allargare l’ambito della sensibilizzazione sociale, per dare vita a una ‘antimafia sociale’; investire su relazioni sociali e istituzionali solide che devono camminare di pari passo con la previsione di regole chiare e facilmente applicabili. A novembre, dopo le elezioni regionali, ci troveremo di nuovo per chiudere questa fase di impegno e aprirne una nuova, mettendo in rete, a disposizione di tutti, il grande lavoro realizzato. Ricordo che anche l’Osservatorio regionale per il contrasto alla criminalità organizzata in Veneto, istituito dalla L.R. n. 48 del 2012, ha prodotto una relazione e un documento sulle tematiche oggi affrontate, che dovranno essere portati a conoscenza all’interno delle scuole, delle realtà sociali e imprenditoriali, delle associazioni sindacali>>.
 
Il Direttore del Dipartimento ‘Marco Fanno’, Giulio Cainelli, ha ringraziato i relatori e la Regione Veneto che è stata <<tra i principali promotori della ricerca affidata al gruppo di lavoro coordinato dal professor Antonio Parbonetti. Un team di eccellenza, che ha maturato significative esperienze e conoscenze sul tema dell’infiltrazione della criminalità organizzata e mafiosa nel tessuto socio- economico regionale: i risultati prodotti dallo studio scientifico saranno messi a disposizione dei territori e delle istituzioni per calibrare politiche mirate alla prevenzione e al contrasto di questi fenomeni di illegalità>>. 

Il professor Antonio Parbonetti ha presentato i principali risultati della ricerca condotta. 
<<Innanzitutto, c’è la grande capacità delle organizzazioni criminali di adattarsi rapidamente ai mutati contesti socio- economici: durante questo momento di grande difficoltà determinato dal Coronavirus, la criminalità organizzata ha affinato gli strumenti per penetrare all’interno delle aziende, trasferendo denaro, per esempio attraverso false fatturazioni, per acquisire imprese in difficoltà – ha spiegato il professore – Lo schema è circolare: il traffico di droga genera contante, utilizzato per impossessarsi di aziende commerciali; le aziende acquistano prodotti da imprese legate alla criminalità, per poi rivenderli sul mercato; si assiste così a una rapida crescita di realtà commerciali che si alimentano dal flusso di denaro prodotto dal traffico di stupefacenti: si realizza così il passaggio da una dimensione illegale a una che si muove nell’ambito di una apparente legalità>>. Per il professor Parbonetti la soluzione è <<affrontare il problema in modo unitario, imparando a cogliere, da un’azienda che in apparenza lavora in modo perfettamente lecito, quei segnali premonitori che inducono ad alzare le antenne: in questo senso, è fondamentale il lavoro di vigilanza garantito da professionisti del mondo imprenditoriale e bancario>>.

È intervenuto il Prefetto Bruno Frattasi, Direttore dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, che ha indicato un obiettivo prioritario: <<Il ritorno alla legalità, riportando ‘in bonis’ le aziende che sono state veicolo di infiltrazione mafiosa e di inquinamento del tessuto economico: vanno ripristinate le regole del gioco e poste le premesse per il ritorno a una competitività sana tra imprese, anche se ciò presenta costi elevati; spesso le nostre realtà produttive, soprattutto quelle che hanno strutture di piccole dimensioni,  non riescono a stare sul mercato in modo lecito, con conseguenze pesanti anche in termini di occupazione. È molto elevato il rischio che le aziende in difficoltà, non in grado di attingere dal mercato del credito, possano cadere in mano a speculatori e alla criminalità: dobbiamo sostenere gli esercizi commerciali che dopo il lockdown, tra grandi difficoltà e ingenti costi, stanno cercando di ripartire rimodulando la loro organizzazione ed erogazione dei servizi>>.
<<E’ tra le priorità restituire i beni confiscati ad un uso sociale – ha concluso il Prefetto Frattasi – ma è molto difficile, dato che questi beni, per lo più immobili, provengono da una storia criminale e presentano grandi criticità: spesso sono gravati da abusi edilizi compiuti in totale spregio dell’ambiente e vanno quindi distrutti; ci sono poi ostacoli giuridici che portano in alcuni casi alla restituzione del bene confiscato al proprietario originario; inoltre, i beni sovente sono stati devastati e vandalizzati, complicando così il loro percorso di reinserimento sociale. La soluzione, a mio avviso, è quella di accelerare e anticipare l’assegnazione provvisoria dei beni confiscati o sequestrati, destinandoli a scopi sociali; ma è indispensabile implementare la rete che mette assieme strutture amministrative e organi giudiziari. È allo studio un bando per la concessione di beni confiscati in favore di enti del Terzo Settore e del privato sociale, eliminando così la fase intermedia che vede l’intervento degli enti del governo locale, i quali vanno tuttavia assolutamente coinvolti: solo assieme e con la collaborazione di tutti i livelli istituzionali interessati si può costruire un vero welfare sociale>>.   

La dottoressa Maria Carla Canato, Assegnista di Ricerca dell’Università degli Studi di Padova, ha fatto un focus sul principale tema di cui si è occupata: il sequestro e la confisca dei beni di provenienza illecita e mafiosa. 
<<La ricerca presenta profili di indagine giuridica molto stringenti ed è finalizzata a fornire, in particolare alle Pubbliche Amministrazioni, le linee guida necessarie per il riutilizzo sociale dei beni oggetto di sequestro o di confisca, provenienti da attività illecite – ha spiegato la ricercatrice – Si potrebbe ricorrere all’istituto dell’assegnazione provvisoria di questi beni, in primis a enti del Terzo Settore. Ma è indispensabile rafforzare il dialogo tra istituzioni per contrastare la criminalità organizzata>>.  

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