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Cannabis light, i numeri del settore nel nostro Paese

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Cannabis light, i numeri del settore nel nostro Paese

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Responsabilità editoriale di SEO Cube S.r.l.

Da diversi anni il settore della cannabis light riscuote crescente successo nel nostro Paese

27 maggio 2020, 09:00

SEO Cube S.r.l.

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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Da quando la legge 242/2016 ha – di fatti – legalizzato la possibilità di poter vendere legittimamente la cannabis con un livello di THC inferiore allo 0,2%, sono tantissimi i negozi, i distributori e i siti di e-commerce come CBDexpress, che hanno ottenuto floridi risultati.

Ma quali sono i numeri del settore? Considerato che i dati 2019 non sono ancora stati ufficializzati in maniera consolidata, possiamo riferirci al bilancio precedente e, in merito, a un’indagine condotta dalla Coldiretti sullo stato di salute del comparto.

Un giro d’affari in forte incremento

Per quanto concerne il giro d’affari, nel 2018 il volume era pari a circa 40 milioni di euro. Certo, non un numero gigantesco, ma pur sempre una nicchia in continuo sviluppo che, dati provvisori alla mano, dovrebbero essere cresciuti in misura significativa nel 2019 e, soprattutto, in questa prima parte di 2020. Peraltro, si tenga anche conto che a crescere non sono solamente i giri d’affari, quanto anche i numeri sula coltivazione, con un incremento notevole (pari anche a 10) dell’estensione dei terreni coltivati.

Il boom dell’e-commerce

La prima parte del 2020 ha portato in dote un’evidente accelerazione del commercio online di cannabis light, favorito naturalmente dalle misure di distanziamento sociale che sono state applicate anche nel nostro Paese, e che hanno indotto molti consumatori, nuovi o abituali, a rivolgersi al canale digitale, per poter reperire i prodotti derivanti dalla canapa a basso THC. Una tendenza che gli analisti ritengono che possa proseguire in misura piuttosto sostenuta anche nei prossimi trimestri, contribuendo in questo modo a rendere il 2020 un anno di piena maturazione per questo settore e, in esso, per il canale di promozione e di distribuzione alimentato dagli e-commerce come il sopracitato CBDexpress, che in Italia hanno – peraltro – una punta di eccellenza in ambito continentale.

Chi compra cannabis light in Italia

Ma chi compra cannabis light in Italia? In realtà, non esiste un profilo “tipo”, dimostrando che la massa di acquirenti è piuttosto eterogenea e scarsamente definibile in sintesi. La cannabis light, ovvero la cannabis a basso contenuto di THC, sembra infatti attrarre persone di tutte le età, uomini e donne, che acquistano sia infiorescenze che prodotti derivati a base di CBD.

Quanti occupanti nel settore della cannabis light

Passando poi all’impatto occupazionale, i numeri della cannabis light in Italia ci rivelano come gli occupati nel settore siano circa 10 mila (i dati sono forniti dal Consorzio nazionale per la tutela della canapa industriale), distribuiti anche – ma non solo – nei 2.000 punti vendita autorizzati a vendere cannabis a basso contenuto di THC.

Anche in questo caso, però, i numeri meritano di essere concretamente rivisti al rialzo, visto e considerato che – ad esempio – nel corso del 2019 nella Penisola sono state attivate circa 1.500 nuove aziende attive nel campo della distribuzione e della trasformazione della cannabis light.

I piccoli coltivatori

Ai numeri sopra esplicitati occorre, tuttavia, aggiungere anche quelli – in verità, difficilmente stimabili – dei piccoli coltivatori. Secondo la legge italiana in vigore, infatti, chiunque può legalmente coltivare della canapa “certificata”, indipendentemente dal fatto che si tratti di un privato cittadino o di un’azienda agricola. Se a quanto sopra aggiungiamo il fatto che la coltivazione della canapa è un’attività che può essere effettuata con discreta facilità, ne deriva che molte persone lo fanno come secondo lavoro.

Secondo quanto riferisce il Consorzio per la canapa in Italia, è peraltro possibile avviare una propria personale coltivazione già con un piccolo spazio di 20 metri quadri, ottenendo così delle produzioni utili per poter iniziare il proprio business in questo settore. Piuttosto contenuto è anche l’investimento richiesto: per quanto il budget da stanziare sia determinato da diverse determinanti che rendono molto difficile poter compiere una sintesi in tal proposito, un impianto di piccola taglia ha un costo orientativo di 400 – 600 euro al metro quadro, mentre il costo di gestione varia tra i 40 e gli 80 euro al metro quadro al mese. Considerato che un impianto ben sostenuto può garantire una produzione fino a 500 grammi al metro quadro per ciclo vitale (un trimestre), ne deriva che il business può essere rapidamente sostenibile.

Peraltro, chi vuole iniziare la propria carriera in questo comparto può oggi contare su diversi operatori professionali, nazionali e internazionali, che si propongono di supportare i propri nuovi partner in ogni passo del proprio percorso di crescita in questo settore, a partire dalla tracciabilità dei semi e dall’ottenimento delle certificazioni utili per poter coerentemente effettuare questa iniziativa d’impresa, tenendo sempre in considerazione che affinché il business sia realizzato in modo congruo con le normative nazionali, sarà necessario garantire il pieno rispetto delle indicazioni fornite dagli interventi di legge e dalle indicazioni ministeriali che si sono succeduti nel corso degli anni.

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