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Padre Paolo Dall'Oglio e il sogno del dialogo con l'Islam

Un reportage dalla Siria, come era prima della guerra

(ANSA) - ROMA, 31 LUG - "Sento come sia necessario e urgente creare un ponte tra la nostra fede cristiana e la fede islamica, due mondi troppo distanti...Questa mia ansia l'ho condivisa poi con le persone che sono venute a vivere con me": sono le parole di padre Paolo Dall'Oglio in una delle sue ultime interviste prima del rapimento, alla fine del luglio 2013. Parla così da Mar Musa, il convento su una rocca della Siria che aveva rimesso in piedi proprio con questa "ansia", come lui stesso la definiva, di costruire il dialogo e una convivenza. La sua preziosa testimonianza è raccolta nel libro "C'era una volta la Siria in tempo di pace", di Roberto Di Diodato con Fulvio Scaglione (edizioni San Paolo). Un reportage sulle bellezze della Siria realizzato prima che la guerra, scoppiata nel 2011, riducesse molte città del Paese ad un cumulo di macerie. Il libro racconta la Siria così come era e come forse non potrà tornare ma "questa storia vuole celebrare - spiegano gli autori - la Siria felice e la sua grande bellezza. Proprio in questo tempo in cui la popolazione siriana, lacerata da una guerra crudele e infinita, ha bisogno della solidarietà e dell'attenzione di tutto il mondo che crede nella libertà e nella pace".
    Dalla bellezza del sito archeologico di Palmira all'attesa dell'alba sulle sponde dell'Eufrate, dai grandi alberghi con piscina e hammam alle tradizioni millenarie custodite con cura dagli artigiani locali, il libro racconta la storia di un Paese che alla vigilia del conflitto accoglieva ogni anno milioni di turisti. E il reportage riferisce soprattutto di una terra dove i differenti popoli e le diverse religioni cercavano un equilibrio, una convivenza difficile ma possibile.
    Ad alternare i racconti del viaggio on-the-road effettuato per realizzare documentari televisivi, ci sono finestre sulla situazione attuale, politica, sociale ed economica del Paese del Medio Oriente. La guerra, tra i maggiori danni che ha fatto, ha diviso un popolo che da millenni ha cercato sempre un'armonia, magari non sempre riuscendoci, ma con un tentativo costante. "A dispetto delle apparenze la lacerazione più profonda non è quella politica né quella economica. Lo strappo più profondo si è avuto nel tessuto sociale di una società multietnica e multireligiosa che aveva un suo equilibrio ma che, dopo questa guerra, dovrà inventarne - conclude il libro - uno completamente nuovo". La composizione del conflitto passa per questo altrimenti la Siria potrà anche trovare la pace "ma non avrà comunque una vera pace". (ANSA).
   

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