(ANSA) - ROMA, 15 SET - E' passato un anno da quel 17 settembre del 2018, quando in Niger è stato rapito un missionario italiano, padre Pierluigi Maccalli. Da allora nessuna notizia concreta, solo un'altalena di speranze e delusioni. Recentemente il governo del Burkina Faso ha fatto sapere che il missionario è vivo e che dopo un passaggio in quel Paese africano è stato riportato dai rapitori in Niger; notizia accolta con perplessità sia dalla famiglia che dalla congregazione del religioso, la Società delle Missioni Africane, perché nel concreto non si sa nulla.
Per padre Maccalli, nel corso di questi dodici mesi, è arrivato anche un appello di Papa Francesco, nel corso dell'udienza alla Sma, e nella sua visita in Niger, a gennaio di quest'anno, anche il premier Giuseppe Conte aveva chiesto al governo del Paese africano di mantenere alta l'attenzione sulla vicenda.
Padre Maccalli, originario della diocesi di Crema, già missionario per anni in Costa d'Avorio, al momento del rapimento si trovava nella parrocchia di Bomoanga, diocesi di Niamey, appena rientrato dopo un periodo in Italia. La procura di Roma ha aperto un'inchiesta per sequestro di persona a scopo di terrorismo. Il fratello, p. Walter Maccalli, missionario anche lui nella Società delle Missioni Africane, ha sempre detto che Pierluigi, che aveva visto in Italia l'estate, poco prima del rapimento dunque, non aveva mai confidato di temere attacchi personali o alla sua missione.
"Il rapimento di padre Maccalli è un atto criminale che, a distanza di un anno, non ha ancora trovato soluzione. Eppure - sottolinea il direttore di Acs Italia, Alessandro Monteduro - sappiamo che i rapitori parlavano in lingua peul, l'idioma cioè dei pastori islamisti fulani. Sappiamo che da mesi il sacerdote era stato informato dai suoi fedeli della presenza di jihadisti provenienti dal Mali che si erano insediati in un villaggio a 35 chilometri dalla sua missione. Alcune voci lo vogliono ancora in Niger, altre in Burkina Faso, altre in Mali. Chiediamo con forza che padre Pierluigi venga restituito ai suoi fedeli, alla sua comunità, ai suoi familiari. Aiuto alla Chiesa che Soffre, che dal 17 settembre dello scorso anno ha sostituito sui profili social il proprio logo con il volto di Padre Maccalli, chiede alle autorità e ai media che non ci siano nostri connazionali rapiti all'estero di serie A e di serie B".(ANSA).