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Predicatore Papa, causa divisione tra i cattolici è politica

Cantalamessa, "quando sposa un'ideologia e prevale su religione"

    "Qual è la causa più comune delle divisioni tra i cattolici? Non è il dogma, non sono i sacramenti e i ministeri: tutte cose che per singolare grazia di Dio custodiamo integri e unanimi. È l'opzione politica, quando essa prende il sopravvento su quella religiosa ed ecclesiale e sposa una ideologia, dimenticando completamente il valore e il dovere dell'obbedienza nella Chiesa". Lo ha detto il predicatore della Casa pontificia, il card. Raniero Cantalamessa, nell'omelia della celebrazione della Passione del Signore, presieduta da papa Francesco all'Altare della Cattedra della Basilica vaticana.

    "È questo, in certe parti del mondo, il vero fattore di divisione, anche se taciuto o sdegnosamente negato - ha insistito Cantalamessa -. Questo è un peccato, nel senso più stretto del termine. Vuole dire che 'il regno di questo mondo' è diventato più importante, nel proprio cuore, che non il Regno di Dio". "Credo che siamo chiamati tutti a fare su ciò un serio esame di coscienza e a convertirci - ha aggiunto il predicatore del Papa -. Questa è per eccellenza l'opera di colui il cui nome è 'diabolos', cioè il divisore, il nemico che semina zizzania, come lo definisce Gesù nella sua parabola (cf. Mt 13, 25)".

    Dopo aver ricordato che il 3 ottobre scorso, sulla tomba di san Francesco in Assisi, il Papa firmava la sua enciclica sulla fraternità "Fratelli tutti", e che "in poco tempo, essa ha ridestato in tanti cuori l'aspirazione verso questo valore universale, ha messo in luce le tante ferite contro di essa nel mondo d'oggi, ha indicato alcune vie per giungere a una vera e giusta fraternità umana e ha esortato tutti -persone e istituzioni - a lavorare per essa", il card. Cantalamessa ha denunciato che "la fraternità cattolica è ferita! La tunica di Cristo è stata fatta a pezzi dalle divisioni tra le Chiese; ma - quel che non è meno grave - ogni pezzo della tunica è spesso diviso, a sua volta, in altri pezzi".

    "Parlo naturalmente dell'elemento umano di essa - ha osservato il porporato e frate cappuccino -, perché la vera tunica di Cristo, il suo corpo mistico animato dallo Spirito Santo, nessuno la potrà mai lacerare. Agli occhi di Dio, la Chiesa è 'una, santa cattolica e apostolica', e tale rimarrà fino alla fine del mondo. Questo, tuttavia, non scusa le nostre divisioni, ma le rende più colpevoli e deve spingerci con più forza a risanarle".

    E secondo Cantalamessa, sono "i pastori che devono essere pastori di tutto il gregge, non di una sola parte di esso. Sono essi perciò i primi a dover fare un serio esame di coscienza e chiedersi dove stanno portando il proprio gregge: se dalla propria parte o dalla parte di Gesù". Inoltre, "il Concilio Vaticano II affida soprattutto ai laici il compito di tradurre le indicazioni sociali, economiche e politiche del Vangelo, perché ci sono nel Vangelo, in scelte anche diverse, purché sempre rispettose degli altri e pacifiche".

    "Se c'è un dono o un carisma proprio che la Chiesa Cattolica deve coltivare a beneficio di tutte le Chiese, esso è quello dell'unità - ha concluso il predicatore pontificio -. Il recente viaggio del Santo Padre in Iraq ci ha fatto toccare con mano cosa significa, per chi è oppresso o reduce da guerre e persecuzione, sentirsi parte di un corpo universale, con qualcuno che può far udire il tuo grido al resto del mondo e fare rinascere la speranza".

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