Percorso:ANSA > Nuova Europa > Germania > Europa Orientale cresciuta in 30 anni,ma ora sfide difficili

Europa Orientale cresciuta in 30 anni,ma ora sfide difficili

Studio internazionale, area 'piĆ¹ ricca e sana' rispetto al 1989

22 novembre, 16:33
(di Stefano Giantin) (ANSA) - BELGRADO, 22 NOV - I paesi dell'Europa centrale e orientale e anche quelli dei Balcani sono in genere "significativamente più ricchi e più sani" rispetto al 1989, in particolare quelli che sono riusciti a diventare membri della Ue negli ultimi decenni. Tuttavia, "l'indipendenza e la qualità delle istituzioni" in ampie aree della regione "hanno sperimentato un declino nell'ultimo decennio" e se si continuerà su questa linea "si presenterà un problema per le prospettive di crescita a lungo termine" dell'area. Lo sostiene un rapporto di recente pubblicazione prodotto dal Vienna Institute for International Economic Studies (Wiiw), realizzato in occasione del trentesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino.

"Trenta anni dopo la fine del comunismo, la regione ha molto di cui essere orgogliosa", ha osservato l'istituto. "La democrazia, le istituzioni, i media liberi, il capitalismo di mercato e la società civile hanno messo radici", si legge nel rapporto. Secondo il Wiiw, "i top performer della regione, come la Repubblica Ceca e la Slovenia, sono ora più ricchi di parti dell'Europa meridionale. Se non accadrà nulla di eccezionale, tra qualche anno la Repubblica Ceca sarà più ricca dell'Italia, membro fondatore di quella che è oggi l'Ue", prevede lo studio.

I dati citati dal Wiiw confermano il quadro generale. Nel 2018, Slovacchia, Lituania, Estonia, Slovenia e Repubblica Ceca hanno ad esempio già raggiunto un Pil pro capite in termini di parità di potere d'acquisto pari al 60% del livello tedesco o superiore, mentre "Ucraina, Moldavia e Kosovo non hanno ancora raggiunto un quarto del livello" della Germania. Anche l'aspettativa di vita è aumentata ovunque, con un record di 8,5 anni guadagnati in Slovenia tra il 1989 e il 2017, in Repubblica Ceca (+7,8 anni) e in Estonia (+7,6 anni).

Tuttavia, ha sottolineato l'istituto con sede a Vienna, anche le "sfide" che la regione ha davanti sono enormi. Tra questi, un "rollback della globalizzazione", che potrebbe impattare su economie molto aperte e un "declino demografico" senza precedenti in tempo di pace. Tra il 1989 e il 2019, la popolazione lettone è ad esempio diminuita del 28%, quella in Bosnia Erzegovina del 27%. Seguono a ruota Lituania (-25%), Bulgaria (-21%), Romania (-17%), Estonia (-16% ), Ucraina (-14%) e Croazia (-14%), secondo dati delle Nazioni Unite. Il declino demografico ha conseguenze negative molto significative: il calo potrà impattare, tra l'altro, su produttività, prospettive di crescita, sistemi previdenziali e pensionistici.

Ma la regione sta già affrontando altri problemi seri. Il Wiiw ha sottolineato infatti "un aumento dell'autoritarismo" e il "declino della qualità, dell'indipendenza e/o delle capacità delle istituzioni" in svariati paesi dell'Est e dei Balcani.

"Anche se quando si tratta di minacce alla democrazia, Ungheria, Polonia, Turchia e Russia tendono a finire sotto la lente, in realtà questi paesi non sono un'eccezione", riporta lo studio, dove si sottolinea che un "netto deterioramento "degli standard della democrazia elettorale è stato registrato anche in Turchia, Ungheria, Ucraina, Serbia, Ungheria, Polonia e Croazia tra il 2007 e 2017. "Le tendenze politiche negative in molte parti" dell'Europa centro-orientale "stanno già avendo importanti implicazioni per la qualità, l'indipendenza e la capacità delle istituzioni e ciò a sua volta potrebbe essere un problema in futuro per la crescita economica in quanto influisce sul clima per gli investimenti". L'aumento dell'autoritarismo e il declino delle istituzioni democratiche hanno cause diverse. Tra queste, il fatto che "il liberalismo politico in generale non ha mai messo radici molto profonde" in gran parte dell'area. Inoltre, i paesi dell' area diventati membri della Ue "hanno meno incentivi per attenersi alle riforme una volta entrati nell'Ue", senza dimenticare "la delusione per gli sviluppi economici post-1989, inclusa la disuguaglianza crescente, che dà ai populisti uno strumento utile" da sfruttare per aumentare i consensi. Negli ultimi 30 anni la disuguaglianza è notevolmente aumentata in particolare in Russia, Macedonia, Lettonia, Lituania, Bulgaria, Estonia, Romania, Repubblica Ceca e Slovacchia.

Tuttavia, "ci sono diverse ragioni per nutrire ottimismo per il futuro". Sul fronte economico, ad esempio, "esiste una ragionevole possibilità che la carenza di manodopera nella regione porti a miglioramenti della produttività, ad aumenti del pil pro capite, a una ulteriore convergenza salariale con l'Europa occidentale e a migliori standard di vita". Inoltre, "movimenti di protesta su larga scala contro la svolta autoritaria sono visibili in alcune parti della regione e, infine, "la nuova economia digitale rappresenta un'opportunità decente" per l'Est Europa, conclude lo studio.

© Copyright ANSA - Tutti i diritti riservati