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Docenti contro Big Data, per Dad sviluppare piattaforme autonome

Docenti contro Big Data, per Dad sviluppare piattaforme autonome

Lettera aperta dopo sentenza della Corte Europea contro la privacy Usa

MILANO, 03 dicembre 2020, 16:39

Fabrizio Cassinelli

ANSACheck

. - RIPRODUZIONE RISERVATA

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I fenomeni che cambiano la vita sono quelli che nascono senza clamori, e che piano piano mutano la fruizione delle cose, o le abitudini. Tra questi possiamo certo considerare le piattaforme digitali, i social e i prodotti di software che quotidianamente usiamo. Tutti i principali afferiscono a una stessa galassia di multinazionali, che rappresentano un intero ecosistema digitale contro il quale, però, recentemente, si sono rivoltati svariati docenti universitari che sottolineano la necessità di costituire reti e piattaforme nazionali, o delle singole istituzioni, autonome, open source e non di proprietà di qualche società, specie se speculativa.
    "Le scuole e le università italiane, da quando è iniziata l'emergenza Covid, si sono affidate per la gestione della didattica a distanza a piattaforme e strumenti appartenenti perlopiù alla galassia cosiddetta "Gafam" (Google, Apple, Facebook, Microsoft e Amazon) - spiega Domenico Fiormonte, docente di Sociologia della comunicazione all'Università Roma Tre e promotore insieme ad altri docenti di una lettera aperta -.Tuttavia, il 16 luglio 2020 la Corte di Giustizia Europea ha emanato una sentenza molto importante (C-311/18) dove, in sintesi, si afferma che le imprese statunitensi non garantiscono la privacy degli utenti secondo il regolamento europeo sulla protezioni dei dati, conosciuto come GDPR (General Data Protection Regulation). Dunque allo stato tutti i trasferimenti di dati da UE a Stati Uniti devono essere considerati non conformi alla direttiva europea e perciò illegittimi. Questo - prosegue - non solo nell'interesse di docenti e studenti, che hanno il diritto di studiare, insegnare e discutere senza essere sorvegliati, profilati e schedati, ma perché Gafam ha la forza e il potere per plasmare il futuro dell'educazione in tutto il mondo, ed esistono già progetti in cui la 'didattica integrata' prevede contenuti culturali imposti da queste società e per le scuole che aderiscono non è possibile mutarli. Infine, sebbene possa apparirci fantascienza, si parla già di intelligenze artificiali che 'affiancheranno' i docenti nel loro lavoro".
    Eppure a tutti i genitori sarà capitato, in questi mesi segnati dalla pandemia, di dover aprire delle caselle email di noti marchi, di dover usare piattaforme digitali dei giganti del web. E sulla base di quale criterio? E la tutela degli alunni? Il Ministero dell'Istruzione ha siglato i protocolli la scorsa primavera, prima della sentenza quindi, e da più parti, ora, si chiede un ripensamento.
    In un'altra lettera aperta promossa dal professor Raffaele Meo (membro del Cnr, docente emerito del Politecnico di Torino) e dalle associazioni di software libero alla ministra Azzolina, si ricorda che "le scuole sono tenute a scegliere le soluzioni da acquisire solo dopo aver realizzato la valutazione comparativa prevista dall'art. 68 del D. Lgs. 82/2005, che impone di preferire software libero", come successo in Germania, ad esempio, dove 'Zoom' sarebbe stata estromessa. "Ad esempio - scrive il professor Meo - nell'arco di pochi giorni alcuni tecnici del Politecnico di Torino hanno realizzato, utilizzando una piattaforma libera, l'intero sistema di videolezioni che trasmette ogni giorno oltre 600 lezioni a 10.000 studenti".
    Un seminario proprio sulla 'sfida della didattica digitale', alla presenza di Guido Scorza, membro dell'Authority per la protezione dei dati personali, è stato organizzato per il 4 dicembre dal Dipartimento di Scienze Politiche a Roma Tre.
   
   

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