(ANSA) - GENOVA, 28 MAR - "Già negli anni '90 pensavamo che
si sarebbero fatti i lavori anche sulle pile 9 e 10, ma non se
ne fece mai nulla". Così Agostino Marioni, ingegnere ed ex
presidente di Alga, la società che si occupò dei lavori di
rinforzo della pila 11 nel 1993, sentito come testimone nel
processo per il crollo del ponte Morandi (14 agosto 2018, 43
vittime). I lavori di rinforzo vennero fatti "perché era emerso
un errore costruttivo nella pila 11 per cui i cavi erano tutti
avviluppati ed erano corrosi. Corrosione visibile dall'esterno,
senza bisogno di ispezioni invasive". Dopo quei lavori, definiti
come "un intervento a cuore aperto", "pensavamo che si sarebbe
proceduto alla stessa maniera anche sulla 9 (quella crollata,
ndr) e la 10". A coinvolgerlo nei lavori era stato l'ingegnere
Gabriele Camomilla, all'epoca coordinatore dei servizi di
manutenzione di Autostrade e oggi tra i 58 imputati. "Sempre
negli anni '90 si diceva che c'erano problemi anche sulle altre
pile, ma meno gravi, molto limitati. Noi dicevamo 'Lo riparate o
non lo riparate?' Autostrade decise che non c'era urgenza e che
l'avrebbe fatto più in là". Con Camomilla Marioni parlò pure
delle possibili cause del crollo. "Mi parlò di un fulmine e poi
del coil caduto da un camion: la prima ipotesi mi sembrò
irrealistica, l'altra per un po' mi aveva convinto. Poi è stato
dimostrato che non c'entrava nulla". Dopo Marioni è stato
sentito Giorgio Nicolini consulente fisso di Alga. "Visto che
sulla pila 11 i problemi erano saltati fuori era impensabile che
non ci sarebbero state 'magagne' anche sulle altre e quindi
pensavamo che per sicurezza i lavori si sarebbero fatti anche
sulle altre visto che c'era tutto il tempo per farle". (ANSA).
Teste, già in anni 90 pensavamo a lavori su pila 9 'Morandi'
Ex presidente Alga, credetti tesi caduta coil ma poi fu smentita
