Piccoli gesti, insegne ritoccate,
botteghe e negozi 'sgarrupati', corpi stesi sulla sabbia d'
estate tra ombrelloni sulla spiaggia libera e stabilimenti
balneari per clienti di poche pretese, la ragazzina che mangia
il gelato passando davanti al manifesto 'giù le mani da Cuba',
momenti di vita ordinaria ma, su tutto, gli sguardi 'parlanti'
della gente comune o di grandi artisti come Lucio Fontana e
Alberto Burri e le geometrie delle inquadrature studiate con
cura. Quanta Italia filtra dal bianco e nero delle immagini di
Giuseppe Loy, fotografo per passione che ha dedicato una vita a
mettere insieme con metodo e ironia i suoi ''appunti visivi''
per comporre il puzzle di un paese che stava cambiando pelle.
Quel lavoro svolto dal 1959 al 1981 fu interrotto all'
improvviso dall' infarto che si portò via a 56 anni questo
artista 'anomalo' dello scatto. A raccontare i passi di quel
percorso è la bella mostra che gli dedica fino al 27 febbraio
Palazzo Barberini, curata dal figlio Angelo e da Chiara Agradi.
''Una certa Italia'', prima retrospettiva a 40 anni dalla morte
di Giuseppe Loy, fratello del regista Nanni e marito della
scrittrice Rosetta, è l' occasione per presentare in grande
stile l' archivio - 1565 rullini in bianco e nero, 338 a colori,
1800 stampe e documenti - lasciato dall' artista già organizzato
e ben conservato nella soffitta di casa. Nelle sale delle
Gallerie Nazionali di Arte Antica scorrono 135 stampe originali,
documenti, poesie, foto di famiglia e un filmato che descrive l'
amicizia del fotografo cagliaritano - a Roma dal 1938 - con
Burri, Fontana e Afro. Burri era suo vicino di casa e proprio
agli scatti che ritraggono il pittore Loy deve la sua notorietà.
Qui, invece, si è voluto documentare la sua ricerca sociologica
sull' Italia dagli anni del boom, per offrirne una lettura più
completa e ''sdoganare l' artista, mostrando il suo lato intimo
e l' occhio ironico, dargli la giusta collocazione, il
riconoscimento sperato e mai richiesto".
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