Europee: L'incognita della Brexit sul voto

Il contingente dei 73 deputati britannici può sconvolgere gli equilibri Ue

di Patrizia Antonini

Le incognite della Brexit continuano a pesare sul voto delle Europee di fine maggio e i tempi per il rinnovo dei top job delle istituzioni Ue.

Il vertice straordinario del 10 aprile ha sgomberato il campo solo in parte dai rischi di un voto che con grande probabilità coinvolgerà anche il Regno Unito e che in realtà molti temono.

I 27 leader dell'Ue, nel concedere una proroga flessibile sulla Brexit fino al 31 ottobre, hanno stabilito che la Gran Bretagna dovrà partecipare alle elezioni, pena un'uscita senza accordo il primo giugno. E anche se Theresa May continua a puntare su un'intesa lampo con i laburisti, per formare una maggioranza a Westminster che dia il via libera all'accordo di recesso in tempi brevissimi e che permetta l'uscita del Paese entro il 22 maggio le chance di riuscita sono risicate.

La leader britannica spera ancora di poter chiudere la partita con l'Ue ed interrompere il processo elettorale, anche perché - secondo recenti sondaggi realizzati da Hanbury Strategy per il think-tank Open Europe - per i Tories il test elettorale si tradurrebbe in un bagno di sangue: il partito di May raccoglierebbe solo il 23% di consensi contro il 38% del Labour. Inoltre, secondo alcuni osservatori, il voto delle Europee potrebbe essere una sorta di secondo referendum, con un risultato polarizzato tra Leavers e Remainers.

Nell'Unione intanto c'è preoccupazione per gli squilibri politici che i quattro mesi di permanenza dei 73 europarlamentari britannici potrebbe portare tra i gruppi all'Eurocamera e per i possibili riflessi su tutte le istituzioni dell'Ue. Tanto che prende sempre più quota l'ipotesi di far slittare l'avvio dell'iter a ottobre: per il 31 di quel mese i britannici o saranno fuori dall'Ue oppure avranno rinunciato definitivamente a uscirne.

Ad aver manifestato forte disappunto per la partecipazione del Regno Unito alle Europee è stato lo Spitzenkandidat del Partito popolare europeo (Ppe) Manfred Weber, tra i principali aspiranti a succedere a Jean-Claude Juncker sulla poltrona della presidenza della Commissione europea.

Secondo un'analisi di Politico.eu, l'eventuale partecipazione dei britannici alle elezioni premierebbe soprattutto i Socialisti e democratici (S&D) a dispetto del Ppe, con la possibilità per l'S&D di superare il gruppo del centrodestra nella ripartizione dei 751 seggi (che in caso di Brexit scenderanno a 705). In passato infatti il partito laburista britannico è stato in molti casi uno dei contingenti più nutriti all'interno del gruppo socialista e potrebbe ottenere 25 seggi, se non 30. In tale scenario i socialisti potrebbero aumentare di peso fino a raggiungere 167 seggi, contro un Ppe che si prevede possa ottenerne 177.

Un testa a testa che potrebbe anche far sfumare le ambizioni di Weber, a favore del frontrunner dell'S&D Franz Timmermans. E potrebbe mettere i bastoni tra le ruote anche al progetto di Matteo Salvini, che vorrebbe creare una nuova galassia sovranista, raggruppando le forze presenti nell'Enf - il suo gruppo che comprende anche Le Pen e Wilders - con i conservatori dell'Ecr (dove siedono Fratelli d'Italia ma anche i Tories), puntando a 130-150 seggi per diventare la seconda famiglia politica dell'emiciclo. Senza contare, che in questa prospettiva è difficile capire quale sarà la collocazione degli euroscettici britannici, già pronti a sabotare tutto.
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