Dal falso Parmigiano "Parmesan" al finto Prosecco "Cresecco" la contraffazione dilagante vale oltre il doppio del fatturato agroalimentare italiano ed è per questo che "c'è un enorme lavoro da fare: se riuscissimo a sostituire i prodotti falsi con il vero made in Italy le nostre esportazioni e l'economia crescerebbero notevolmente". Così in un'intervista all'ANSA Lorenzo Bazzana, responsabile economico di Coldiretti, interviene sul tema della contraffazione. Un fenomeno che per l'agroalimentare italiano, secondo i dati raccolti da Coldiretti, vale oltre 100 miliardi di euro a fronte di esportazioni alimentari nel 2019 per soli 44,6 miliardi di euro.
"Il vino è il principale prodotto contraffatto e imitato nel mondo, seguito dai formaggi, salumi, olio e poi dai prodotti trasformati e ortofrutticoli, come le conserve di pomodoro" spiega Bazzana. In questo momento, a causa della pandemia, con le fiere bloccate e il turismo che non è ancora ripreso del tutto è difficile quantificare il fenomeno. Dal "Parmesan" che imita il parmigiano reggiano o grana padano, soprattutto in Russia e negli Usa, al "Cresecco" in Germania che fa riferimento al Prosecco, le perdite maggiori si registrano sulla contraffazione dei prodotti più noti, modificandone leggermente il nome, falsificando la provenienza e facendo riferimento a una denominazione italiana o riportando la bandiera italiana. Spesso viene poi falsificata l'italianità di prodotti che in realtà non esistono in Italia.
"I formaggi Parmigiano Reggiano e il Grana Padano, sono imitati sia in Russia che negli Usa a causa dell'embargo e dei dazi americani sui prodotti agroalimentari europei e italiani, che gli Usa minacciano di inasprire" sostiene Bazzana. Gli accordi commerciali Ue, secondo il responsabile economico di Coldiretti, in alcuni casi lasciano spazio a Paesi terzi per utilizzare per i loro prodotti nomi usurpati e indicazioni geografiche che non hanno a che vedere con i territori.
"Non è pensabile che Paesi come Canada o Giappone possano utilizzare dei riferimenti geografici e nomi che sono propri dei produttori italiani. E' giusto perseguire il mutuo riconoscimento dei prodotti, ma non si può riconoscere un formaggio che si chiama Parmesan". Oltre al danno all'identità e alla qualità di un prodotto, la contraffazione rappresenta un grave pericolo per la sicurezza. "Nei Paesi in cui questi prodotti vengono realizzati - commenta Bazzana - sappiamo che spesso ci sono processi produttivi non conformi agli standard Ue o internazionali". Sulle stesse piattaforme di e-commerce, che pure durante il lockdown sono risultate utili anche alle piccole imprese per raggiungere i consumatori, questi prodotti contraffatti trovano facilmente una vetrina.
"Il ministero per le Politiche agricole ha stretto degli accordi con alcune piattaforme per rimuovere i prodotti contraffatti, ma c'è ancora da fare" afferma Bazzana. Ad allarmare il made in Italy è però anche la crescente diffusione all'estero di prodotti che fanno riferimento alla mafia e alla criminalità organizzata: ad esempio in Bulgaria è possibile trovare il "caffè mafioso", in Francia il ristorante "Corleone", in Spagna il ristorante "la mafia", negli Usa il vino il "Padrino", in Belgio la salsa "mafiossa".
"Dal punto di vista delle perdite economiche preoccupano di più le imitazioni dei prosciutti, salami, formaggi italiani, ma questi prodotti danno un'immagine del nostro Paese che non ci piace e non ci rappresenta" conclude Bazzana.