di Redazione ANSA

I ‘falsi miti’ anti-europei

Fake news e falsi miti per screditare l’Unione europea alimentando scetticismo e insicurezza sono un fenomeno in forte crescita negli ultimi anni, in tempi di Brexit e soprattutto in vista delle prossime elezioni europee di maggio. 

Ma in realtà questa forma di disinformazione circola già da decenni e la Comunità europea prima e poi l’Unione europea si sono impegnate da sempre a sfatare i ‘falsi miti’, cifre e documenti alla mano. Sui siti dell’Europarlamento e della Commissione Ue se ne può trovare un’ampia raccolta che parte dagli anni Ottanta del secolo scorso. Ecco una selezione di questi falsi miti sfatati dalle Istituzioni Ue, ‘think tank’ europei come il Globesec Institute e da fact-checkers come FactCheckEU, creato di recente dall’impegno comune e indipendente di 19 fact-checkers di 13 Paesi Ue, e EUvsDisinfo, iniziativa voluta dal Consiglio europeo contro la disinformazione russa nell’Est Europa e nel Baltico.

 

Le sedi del Parlamento europeo

Le sedi del Parlamento europeo

La questione delle sedi del Parlamento Europeo tiene banco da tempo non solo nei circoli euroscettici e sulla stampa britannica, ma anche all’interno della stessa Assemblea. In tanti sarebbero in favore dell’eliminazione della sede di Strasburgo, considerata un inutile doppione che ogni mese obbliga alla “transumanza” circa 5.000 persone fra deputati, impiegati e dipendenti con costi non trascurabili. In realtà l'Europarlamento ha ben tre sedi: a Strasburgo, dove il Parlamento si riunisce in seduta plenaria tutti i mesi salvo in agosto, a Bruxelles, dove si svolge la maggior parte delle attività delle commissioni parlamentari, e a Lussemburgo, dove si trova il Segretariato generale, che ha il compito di coordinare le attività legislative. Le ragioni di questa ripartizione sono storiche (il primo nucleo dell’Ue, la Comunità europea del carbone e dell’acciaio del 1951 aveva sede a Lussemburgo), politiche (Strasburgo, in Alsazia, era il simbolo della riconciliazione franco-tedesca dopo la guerra) e di convenienza logistica (la vicinanza alla Commissione europea e al Consiglio Ue a Bruxelles). Nel 1992, in base a un accordo ratificato col trattato di Amsterdam del 1999, Strasburgo è diventata la sede ufficiale dell’Europarlamento con una decisione sottoscritta da tutti i governi dei Paesi membri e che non può quindi essere modificata dal Parlamento Ue. Solo una decisione presa dai capi di Stato e di governo potrebbe ridurre o eliminare il ruolo della sede francese di Strasburgo.

 


Gli europarlamentari hanno stipendi da capogiro

Gli europarlamentari hanno stipendi da capogiro

Queste accuse, insieme a quelle di fare spese pazze e di non fornire rendiconti dettagliati e trasparenti, si sono sentite spesso negli anni passati ma con l’approssimarsi delle elezioni europee sono tornate anche sui social. In realtà lo stipendio di un deputato europeo è pari al 38% di quello di un giudice della Corte di giustizia Ue e, tra l’altro, non può essere modificato dagli stessi europarlamentari. Al netto delle tasse Ue, ma al lordo di quelle nazionali, un eurodeputato prende 6.824,85 euro (luglio 2018), ai quali si aggiungono 4513 euro al mese (per il 2019) di rimborso spese. Cifra, quest’ultima, che viene dimezzata se il deputato non è presente almeno al 50% delle sedute parlamentari. Per ogni giorno di presenza ai lavori parlamentari, il deputato percepisce inoltre una diaria di 304 euro che copre le spese di vitto e alloggio. Quelle per il viaggio, per spostarsi dal proprio Paese a Bruxelles e Strasburgo, infine, sono rimborsate a parte.

 


Gli Stati membri sono alla mercé dei ‘diktat’ di Bruxelles

Dossier - I falsi miti anti-Ue_4

I ‘diktat’ della Ue fanno parte degli slogan antieuropei ricorrenti. A essere presa di mira è soprattutto la Commissione Europea che i critici accusano di essere composta da ‘euroburocrati’ non eletti che dettano condizioni insostenibili ai governi nazionali. In realtà nessun governo centrale ha sostituito i governi nazionali degli Stati membri. La Commissione – il cui potere deriva dal mandato ricevuto dai Paesi membri per vigilare sull’applicazione e il rispetto dei Trattati - ha una leadership politica e funzioni amministrative ma non gestisce l'Ue. I governi dei Paesi che fanno parte dell’Unione detengono la gran parte del potere - che esprimono in sede di Consiglio dell'Ue (ministri) e Consiglio Europeo (capi di Stato e di governo) - insieme con il Parlamento europeo, unica istituzione dell’Unione direttamente eletta dai cittadini.

 

 


Il bilancio Ue ha costi enormi e serve solo a pagare gli euroburocrati

Il bilancio Ue ha costi enormi e serve solo a pagare gli euroburocrati

Questa è un’accusa più volte ripetuta dagli euroscettici, e non solo da loro. Il bilancio dell'Unione europea è pari a circa l'1% del Pil medio degli Stati membri. Il 94% del budget è investito direttamente sui territori attraverso la politica agricola comune (Pac), la politica di coesione e molti altri strumenti e programmi (infrastrutture, ambiente, energia, trasporti, ricerca, ecc.), mentre solo il 6% serve per coprire i costi del funzionamento dell’apparato. La fetta del bilancio Ue dedicata al Parlamento Ue è pari, per il 2019, a poco meno di 2 miliardi di euro. Dato che l’Ue oggi conta 503,6 milioni di cittadini, l'Europarlamento costa circa 4 euro per abitante che diventeranno 4,5 se e quando ci sarà la Brexit. Nel 2018 il costo della sola Camera dei Deputati è stato pari a 17,4 euro per ciascun cittadino italiano e dovrebbe scendere a 15,9 con i tagli al costo della politica già decisi.


La burocrazia europea crea regolamenti assurdi

La burocrazia europea crea regolamenti assurdi

Questo è un altro ‘falso mito’ antieuropeo, quasi uno slogan tra gli euroscettici. Storie di norme ‘eccessive’ e ‘inutili’ dell'Ue, rileva la rappresentanza britannica della Commissione europea, sono state costantemente reinventate dal campo pro-Brexit durante la campagna referendaria ma in realtà sono vecchie di decenni. Alcuni esempi di attacchi a politiche comunitarie considerate estreme includono fake news sul bando anti-banane ‘troppo curve’ (la prima è del 1994) e sul divieto di usare caffettiere ed altri apparecchi elettrici, le targhe automobilistiche britanniche, i ‘fish & chips’, le patatine fritte ai gamberetti, le cornamuse, i pali nelle caserme dei vigili del fuoco, gli autobus rossi a due piani e l’obbligo di dare dei giocattoli ai maiali in allevamento. In realtà ognuna delle direttive citate strumentalmente era improntata all’introduzione di nuovi regolamenti per garantire la sicurezza alimentare e fisica dei cittadini europei e, a ben leggerli, non prevedevano affatto quanto scritto su certi giornali o siti euroscettici o antieuropeisti. Le banane ricurve, uno dei ‘falsi miti’ più famosi, riguardava il divieto di vendita - per motivi di bassa qualità alimentare - per cetrioli ricurvi e banane troppo piccole. Il divieto per apparecchi elettrici era solo per quelli al di fuori degli standard di sicurezza europei. E i giocattoli dei maiali erano in realtà materiali ‘manipolabili’ come paglia e fieno, per evitare che gli animali si mordessero a vicenda.

 


L’Euro è la ‘causa di tutti i mali’ e ha fatto raddoppiare i prezzi

L’Euro è la ‘causa di tutti i mali’ e ha fatto raddoppiare i prezzi

È tutta colpa dell’euro se l’Italia non cresce da decenni, se l’economia è stagnante, se il Paese è di nuovo in recessione. Queste accuse, rilanciate spesso da euroscettici, sovranisti e anti-euro, nel febbraio scorso hanno trovato nuova linfa in uno studio del Centre for European Policy (Cep) di Friburgo, ripreso da diversi giornali e ampiamente rilanciato sui social networks. Secondo lo studio del Cep sui ‘20 anni dell’Euro’, solo Germania e Paesi Bassi hanno guadagnato dall’introduzione della moneta unica, mentre Francia e soprattutto Italia sono state quelle che hanno perso di più (rispettivamente 3.591 e 4.325 miliardi di euro dal 1999 al 2017). La premessa che l’euro fosse l’unica ‘causa’ dell’andamento economico in esame e la tecnica utilizzata dal Cep per l’analisi sono state però giudicate da diversi economisti autorevoli ‘non affidabili” e poco veritiere. Del resto, gli stessi ricercatori del Cep hanno indicato di non considerare l’euro come ‘unica causa’ dei problemi italiani. “Nei decenni precedenti all'introduzione dell'euro – hanno osservato - l'Italia ha regolarmente svalutato la sua valuta. Dopo l'introduzione dell'euro questo non è stato più possibile. Mentre erano necessarie riforme strutturali” che non sono state fatte. E queste ultime sarebbero il problema alla base del cattivo andamento dell’economia italiana. Un’altra delle accuse ricorrenti contro l’euro, quella di aver fatto raddoppiare i prezzi in Italia, era stata già confutata dalle rilevazioni dell’Istat secondo cui, anche se sempre significativo, l’aumento è stato del 33,5%. Tuttavia è anche vero che, nel passaggio dalla lira all’euro, alcune categorie economiche hanno modificato sensibilmente i propri prezzi.


Gli accordi commerciali fatti dall’Ue sono svantaggiosi

Dossier - I falsi miti anti-Ue_9

La Commissione europea è stata più volte accusata, secondo quanto rileva nel suo rapporto sui falsi miti il Globesec Institute, di non fare abbastanza per proteggere i propri cittadini dalla globalizzazione e di fare troppe concessioni negli accordi commerciali con Paesi terzi, in particolare quando si tratta del settore agricolo. È vero che l’Ue ha abbassato le tariffe sui prodotti importati negli anni passati (da qui l’accusa di accordi svantaggiosi) ma sulla base di una reciprocità che, secondo la Banca mondiale, ha contribuito a un calo generalizzato di dazi e tariffe sull’import-export a livello mondiale nel periodo 2002-2015. Oggi l'Unione europea è una delle economie più aperte al mondo, con circa il 70% delle sue importazioni che entrano a tariffa zero o ridotta, proprio grazie a questi trattati. Il Ceta, approvato dal Parlamento europeo il 15 febbraio 2017, ha eliminato il 98% delle barriere tariffarie tra Canada e Ue, permettendo la vendita in quel Paese di 143 Indicazioni geografiche europee (Igp). Tra queste, 41 prodotti italiani che rappresentano il 92% delle esportazioni dell’Italia verso il Canada. Gli agricoltori europei saranno avvantaggiati anche dal recente accordo commerciale con il Giappone, entrato in vigore a gennaio scorso, che elimina i dazi su oltre il 90% delle esportazioni agricole dell'Ue. Ciò rende i prodotti europei più accessibili e ancora più attraenti per i consumatori giapponesi. Inoltre, il Giappone adesso riconosce e protegge più di 200 Indicazioni geografiche europee.

 


Le leggi Ue sulla privacy danneggiano la competitività europea

Le leggi Ue sulla privacy danneggiano la competitività europea

Le norme sulla privacy dell'Ue contenute nel Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) divenuto operativo nel maggio 2018, due anni dopo essere entrato in vigore, sono state accusate - riporta il Globesec Institute - di essere estremamente complicate e difficili da attuare, penalizzando le aziende europee che non sono così in grado di competere con gli innovatori tecnologici di tutto il mondo. In realtà le norme del GDPR non devono essere applicate solo dalle aziende europee ma da tutte quelle che lavorano con i dati personali di cittadini europei. Il GDPR è stato creato con l’intento di standardizzare e snellire le norme sulla protezione dei dati in tutta Europa, per aumentare la facilità di osservanza. Inoltre prevede il diritto all’oblio, o meglio alla cancellazione dei propri dati, e quello ad ottenere gratuitamente informazioni su come questi dati vengono usati e quali sono.


La riforma Ue del Diritto d’autore vieta i Meme

La riforma Ue del Diritto d’autore vieta i Meme

Molte informazioni sbagliate, rileva la Commissione europea, sono circolate online sulla Riforma del diritto d’autore approvata a fine marzo dal Parlamento europeo, con titoli come ‘Oggi l'Europa ha perso Internet’, ‘Le nuove leggi sul copyright distruggeranno Internet’, ‘Censura automatizzata’, ‘L'Ue porrà fine a Internet’, ‘L'Europa vuole vietare tutti i meme’. L’intento dichiarato della direttiva europea, spiega la Commissione Ue, è quello di “colmare il divario di valore tra creatori di contenuti, autori e editori, e piattaforme online”, garantendo che “i creatori siano informati sull'utilizzo dei loro lavori e delle loro performance, e prevedono un meccanismo grazie al quale i creatori possono chiedere e ottenere un adeguamento se la remunerazione inizialmente concordata diventa sproporzionatamente bassa rispetto ai proventi generati dall'utilizzo dei loro lavori”. “Attualmente la maggior parte del valore aggiunto resta alle piattaforme. Dobbiamo chiudere questo divario di valore e garantire ai creatori una migliore remunerazione”.

 

 


L’Europa si sta islamizzando

L’Europa si sta islamizzando

Non sarebbero pochi gli europei, secondo il rapporto Globesec 2018, che credono che l'Islam si stia diffondendo nell'Ue e che la fede musulmana rappresenti una minaccia di civiltà per i valori cristiano-occidentali. Anche se non è una novità, l’”islamizzazione dell’Unione europea” è un ricorrente ‘tormentone’ online. Anche se è vero che la popolazione musulmana d'Europa sta crescendo, attualmente i musulmani rappresentano solo il 5% dell'intera popolazione europea e dovrebbero raggiungere il 7,4% nel 2050. Popolazioni musulmane significative si possono trovare anche in Francia (8,8%), Svezia (8,1%), Belgio (7,6%), Paesi Bassi (7,1%) e Germania (6,1%).


Gli attacchi terroristici in Europa sono colpa di chi chiede asilo

Gli attacchi terroristici in Europa sono colpa di chi chiede asilo

La paura che i terroristi sfruttino il sistema di asilo per i loro attacchi è in qualche misura giustificabile ma la semplice chiusura delle porte a chi fugge dal proprio Paese per salvarsi la vita non sembra essere la soluzione per rendere l'Europa più sicura, secondo quanto più volte ribadito durante i dibattiti all’Europarlamento. I rapporti delle forze di polizia europee hanno poi rilevato che sono stati davvero pochi i richiedenti asilo coinvolti in attacchi terroristici negli anni successivi alla crisi del 2015 (Parigi, Bruxelles, Tunisi), tra cui, ad esempio, a Würzburg, Ansbach e al mercatino di Natale di Berlino (tutto in Germania nel 2016) e a Stoccolma nell'aprile 2017. Tre coinvolti in questi attacchi avevano visto respinte le loro richieste di asilo, mentre uno era in attesa di una decisione sulla sua domanda. Ma si tratta comunque di una minoranza, perché secondo i rapporti dell’Interpol, gli attacchi terroristici in Europa di questi ultimi anni sono stati commessi quasi tutti da cittadini europei o da residenti in Europa. Anche se molti di questi avevano un passato migrante, i terroristi in Europa provenivano soprattutto dai Paesi membri, con solo una piccola minoranza di casi risalenti all'ultima ondata di rifugiati.