(di Luciano Fioramonti)
"Tramare e ordire... due termini
pesanti, negativi che possono dare vita anche a qualcosa di
buono". Usa le parole con attenzione Sidival Fila, ma è lo
sguardo vivace e diretto a colpire. Dietro quel nome strano, che
per certi versi la dice lunga anche sul suo destino artistico,
c'è un artigiano cinquasettenne della pittura che da 32 anni
indossa il saio del frate francescano. Il richiamo della fede
arrivò a 25 anni, pochi anni dopo essere giunto a Roma dal
Brasile, dove è nato, con nonni italiani emigrati nel paese
sudamericano. La vita di convento lo ha tenuto lontano dall'arte
per 18 anni, poi "il richiamo espressivo della foresta" è
tornato a farsi sentire e Sidival ha ripreso in mano i ferri del
mestiere puntando su una ricerca di pura astrazione dopo le
esperienze cubiste e surrealiste maturate in gioventù. Dal 6
settembre al 5 ottobre una trentina di sue opere sono a Palazzo
Merulana, a Roma, nella mostra "La Materia Svelata". Cuore
dell'esposizione sono la trama e l'ordito, la tecnica certosina
adottata per i lavori, alcuni realizzati espressamente per
l'occasione.
Sidival Fila usa tessuti, stoffe, carte storiche, fibre
organiche, ricuce e ricompone spazi di materia ora più lievi ora
più profondi dando profondità alle sue opere, da quelle di
grandi dimensioni alle più minute. Le parti di una vecchia tela
de Settecento, curate e rinforzate riprendono forza e assumono
significati nuovi e suggestivi, sospese e legate tra loro dal
filo passato con l'ago. Per un grande lavoro che ha richiesto
mesi l'artista ha calcolato 120mila punti. Fra Sidival, che è
Padre guardiano del Convento dei Frati Minori Francescani di San
Bonaventura al Palatino e si divide tra i compiti religiosi e
l'attività artistica che lo porta in giro per mostre e rassegne,
non ama parlare di riciclo. "Preferisco dire che nelle mie opere
la materia si riscatta - spiega -. Io presento l'oggetto per
quello che è sottraendolo alla sua condizione. La materia è
eloquente e sa raccontare".
A Palazzo Merulana le opere e le installazioni di Sidival
dialogano con quelle permanenti della collezione Cerasi, dalle
sculture al piano terra ai capolavori della Scuola Romana ai
piani superiori. Il filo e la scelta dei materiali creano giochi
di trasparenze sinuose, avvicinando l'occhio si apprezzano lo
spessore, gli strati e spazi tridimensionali in quello che in
lontananza appare come un dipinto. Fogli di carta vecchi di
secoli con il segno di qualche frase scritta ad inchiostro
diventano la traccia moderna di un passato lontano, un reperto
con il suo messaggio misterioso. "Così come la sede espositiva,
ex Ufficio d'Igiene della capitale, è riemersa dallo stato di
incuria e abbandono in cui versava da diversi decenni, trovando
un nuovo profilo e una nuova identità come come spazio
culturale, anche le materie con cui l'artista lavora e si
confronta - è stato sottolineato - sono caratterizzate da un
vissuto che ritorna sotto una nuova luce, svelando inediti
contenuti e nuove promesse di vita".
Alla domanda scontata su quanto influisca essere frate nei
suoi lavori, la risposta è semplice: "Non dipingo come religioso
ma sicuramente c'è il dialogo con Dio e con l' uomo. Dipingo ciò
che sono. Non si può scindere lo sguardo che hai sul mondo. La
trama e l'ordito sono un intreccio, come le relazioni umane".
Fede e arte, spirito e materia. L'artista è assorbito totalmente
in questo esercizio. In questi giorni le sue opere sono esposte,
oltre che a Roma, al Padiglione Venezia della Biennale, in una
galleria di Parigi a due passi dal Centre Pompidou, e al Museo
diocesano di Trento. Ma un campo non prevale sull'altro. Sidival
ha chiesto di rinviare una intervista tv fissata per sabato
perché deve celebrare un matrimonio.
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