(di Marzia Apice)
La Natura come madre che rigenera
e che dal buio conduce verso la luce, in un mondo più giusto e
rispettoso dell'ambiente e degli esseri umani: è questo il
messaggio de "I Cercatori di Luce", la spettacolare
videoinstallazione su tre schermi di Giuliana Cunéaz in
anteprima al PalaCinema di Locarno dal 28 ottobre al 14
novembre. Fondendo cinema e teatro, il progetto si compone
dell'opera filmica della durata di 30 minuti e di una mostra
omonima, curata da Valentino Catricalà, che presenta, insieme a
fotografie e video di backstage, una serie di abiti creati
appositamente dall'artista evocando quanto compare sullo
schermo. A due anni dall'ultimo ciak, il lavoro della Cunéaz
approda dunque a Locarno, proprio nella location dove è stato
realizzato nel 2019 con la coproduzione di CISA, Conservatorio
Internazionale Scienze Audiovisive, diretto da Domenico
Lucchini. Dall'attrice spagnola Angela Molina ad Aida Accolla,
ex prima ballerina della Scala, e Aurora Talarico, la più
giovane modella a sfilare per Valentino, da Giulia Staccioli,
regista, coreografa e fondatrice dell'Accademia Kataklò, allo
storico dell'arte e presidente della Fondazione Burri Bruno
Corà, sono tanti i protagonisti importanti di quest'opera
coinvolgente e immersiva, concepita prima della pandemia, che,
quasi come in una premonizione, si interroga sul destino
dell'uomo e del mondo. Del resto "I Cercatori di Luce" ha
l'obiettivo non solo di coinvolgere lo spettatore grazie alla
perfetta interazione tra l'apparato digitale, il 3D e i corpi
reali degli attori e dei danzatori, ma suggerisce anche la
necessità di costruire nel prossimo futuro una nuova coscienza
etica evocando il potere rigenerativo della natura. Con continui
rimandi alla performance, alla danza e al teatro, in un affresco
composto da paesaggi nanomolecolari in 3D ispirati ai concetti
della fisica quantistica che si relazionano alla fisicità degli
artisti coinvolti, come afferma la stessa Molina nell'opera si
attua "uno scambio di energie partendo dall'idea che la Terra è
corpo vivente. Le tecnologie dialogano con attori e ballerini
nell'ambito di un lavoro che vuole intercettare il cambiamento
e, non a caso, i costumi che ho creato fanno riferimento ad una
realtà multietnica". Proprio gli abiti, realizzati in
collaborazione con NABA, Nuova Accademia di Belle Arti,
costituiscono il fulcro della mostra: si tratta non di semplici
accessori, ma di autentiche opere d'arte che evocano gli stessi
paesaggi nanomolecolari, dal costume della Molina, con il
riferimento alle incrostazioni di forme minerali viste al
microscopio elettronico, al mantello di Corà, che reca il
disegno di microrganismi.
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