La Fao stima che il 33% delle specie marine siano pescate dall'uomo al di là del loro limite biologico sostenibile. Un dato preoccupante che è al centro della nona edizione di Slow Fish, l'evento internazionale sulle risorse del mare organizzato da Slow Food e Regione Liguria dal 9 al 12 maggio al Porto Antico di Genova. L'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura evidenzia come la pesca sia diventata una vera e propria industria, che in molti casi va a minare la sopravvivenza delle specie più facili da commercializzare senza prendere alcuna precauzione rispetto alle taglie minime dei pesci da catturare. Perciò Slow Food ha deciso di promuovere a Genova alcune buone pratiche, come quelle del presidio della tonnarella di Camogli, che adotta un sistema di pesca dotato di reti in fibra vegetale con maglie molto larghe permettendo il passaggio dei pesci più piccoli e la loro sopravvivenza. A Slow Fish vengono presentate, come alternativa alla pesca industriale che sta depredando le acque ricchissime dei mari africani, le esperienze delle raccoglitrici di cozze di Aglou in Marocco e dei pescatori tunisini nell'arcipelago di Kerkennah, che preservano un antico attrezzo come la charfia, una sorta di labirinto fisso costruito allineando migliaia di foglie di palma, che grazie alle correnti indirizza i pesci verso le camere di cattura. Dalla Turchia arriva invece l'esempio della baia di Gokova, dove le specie aliene entrate nel Mar Mediterraneo a causa dei cambiamenti climatici sono diventate una risorsa: la richiesta di nuovi pesci è cresciuta del 400% tra il 2010 e il 2015, il loro prezzo è aumentato di almeno il 20% e i guadagni delle cooperative di pescatori di quasi il 200%.
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Slow Food