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La scienza 'trasparente' si scontra con rivalità e gelosie

La scienza 'trasparente' si scontra con rivalità e gelosie

La valutazione delle ricerche è più obiettiva se i revisori restano anonimi

22 gennaio 2019, 16:38

Redazione ANSA

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La valutazione delle ricerche è più obiettiva se i revisori restano anonimi (fonte: AJC1/Flickr, CC BY-SA 2.0) - RIPRODUZIONE RISERVATA

La valutazione delle ricerche è più obiettiva se i revisori restano anonimi (fonte: AJC1/Flickr, CC BY-SA 2.0) - RIPRODUZIONE RISERVATA
La valutazione delle ricerche è più obiettiva se i revisori restano anonimi (fonte: AJC1/Flickr, CC BY-SA 2.0) - RIPRODUZIONE RISERVATA

In un'epoca di fake news in cui l'autorevolezza della scienza viene messa sempre più spesso in discussione, è fondamentale puntare sulla trasparenza, ad esempio rendendo pubblici i processi di valutazione degli studi che vengono pubblicati sulle riviste scientifiche: questo purché si garantisca l'anonimato dei revisori, per proteggerli da rivalità e gelosie che serpeggiano nella comunità dei ricercatori e che rischierebbero di compromettere l'indipendenza del giudizio. A indicarlo è lo studio pubblicato su Nature Communications da un gruppo internazionale coordinato da Flaminio Squazzoni, sociologo dell'Università Statale di Milano.

"La trasparenza è ormai un valore dominante non solo in politica o nella pubblica amministrazione, ma anche nella scienza", spiega Squazzoni. "Questo vale non solo per l'assegnazione di fondi, ma anche per le pubblicazioni che determinano il prestigio di uno scienziato e la credibilità delle sue teorie. Per questo alcune riviste hanno iniziato a pubblicare, insieme agli studi, anche i rapporti di valutazione che li riguardano e (a volte) anche i nomi dei revisori".

Per capire se questa sia davvero la strada giusta, Squazzoni e i suoi collaboratori del progetto europeo 'Peer' hanno esaminato oltre 20.000 lavori scientifici per verificare gli effetti dell'introduzione dei processi di revisione aperta fra pari (open peer review). I risultati mostrano che grazie alla valutazione aperta i rapporti di revisione sono in genere più costruttivi e oggettivi, e sembra che soprattutto i ricercatori giovani siano più propensi ad accettare il compito di revisore, che è volontario e non retribuito.

Lo stesso studio, tuttavia, ha rilevato che solo l'8% degli scienziati revisori ha accettato di contro-firmare il proprio lavoro, e spesso solo quando la valutazione era positiva. "La garanzia dell'anonimato potrebbe dunque aiutare a garantire indipendenza di giudizio, trovando un punto d'equilibrio tra la giusta aspirazione alla trasparenza e la forte competizione che muove il mondo scientifico e accademico", conclude il sociologo.

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