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Nel cervello delle madri l'interruttore dell'infanticidio

Nel cervello delle madri l'interruttore dell'infanticidio

Scoperto nei topi, potrebbe agire anche negli umani

08 giugno 2023, 21:50

Redazione ANSA

ANSACheck

Nel cervello l 'interruttore che decide il comportamento materno (fonte: Pixabay) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Nel cervello l 'interruttore che decide il comportamento materno (fonte: Pixabay) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Nel cervello l 'interruttore che decide il comportamento materno (fonte: Pixabay) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Scoperto l'interruttore del cervello che spinge le madri a uccidere i propri piccoli: individuato nelle femmine di topo, potrebbe svolgere un ruolo simile anche nelle donne, aprendo una nuova via per prevenire gli infanticidi. Il risultato è pubblicato su Nature dalla NYU Grossman School of Medicine negli Stati Uniti.

L'interruttore cerebrale che scatena l'infanticidio si trova in una regione del mesencefalo legata a controllo delle emozioni e nota come 'nucleo principale del nucleo del letto della stria terminalis' (BNSTpr). L'inibizione di questa regione nelle femmine di topo permette di prevenire quasi il 100% degli infanticidi; la sua attivazione, invece, induce le femmine ad attaccare i cuccioli propri e altrui nel giro di appena un secondo. Raramente si sono registrati attacchi rivolti ad altri esemplari adulti, e questo lascia pensare che la struttura controlli in maniera specifica l'aggressività verso i piccoli.

Lo studio dimostra che la regione BNSTpr svolge un'azione opposta rispetto a un'altra regione del cervello (denominata 'area preottica mediale', MPOA) che invece promuove un comportamento di accudimento nei confronti della prole. Nelle femmine di topo che non hanno ancora partorito risulta più attiva la regione BNSTpr, che inibisce la MPOA: ciò le induce spesso a uccidere i cuccioli delle altre femmine, probabilmente per assicurare più risorse alla propria futura cucciolata. Dopo il parto la situazione si ribalta: l'attività di MPOA aumenta frenando l'aggressività verso i cuccioli e dunque evitandone l'uccisione.

"Poiché queste due regioni comunicanti nel mezzo del cervello possono essere trovate sia nei roditori che negli esseri umani - afferma la neuroscienziata Dayu Lin che ha coordinato lo studio - i nostri risultati suggeriscono un possibile target per comprendere, e forse anche curare, le madri che abusano dei loro figli. Forse queste cellule normalmente rimangono dormienti, ma lo stress, la depressione postpartum e altri fattori scatenanti noti per gli abusi sui minori possono spingerle a diventare più attive".

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