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Cartilagine su chip mima l'artrosi, per testare nuovi farmaci

Cartilagine su chip mima l'artrosi, per testare nuovi farmaci

Presto anche un'articolazione su chip, Italia in prima fila

20 agosto 2019, 17:37

Redazione ANSA

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Il chip che mima l 'artrosi (fonte: Politecnico di Milano) - RIPRODUZIONE RISERVATA

Il chip che mima l 'artrosi (fonte: Politecnico di Milano) - RIPRODUZIONE RISERVATA
Il chip che mima l 'artrosi (fonte: Politecnico di Milano) - RIPRODUZIONE RISERVATA

La cartilagine coltivata su un chip grande quanto una moneta permette di mimare l'artrosi, per studiare i meccanismi che scatenano la malattia e accelerare la sperimentazione di nuovi farmaci: il risultato, pubblicato sulla rivista Nature Biomedical Engineering, è frutto della collaborazione tra il Laboratorio MiMic (Microfluidic and Biomimetic Microsystems) del Politecnico di Milano, l'Ospedale Universitario di Basilea e l'Ospedale Universitario di Zurigo, e presto potrebbe portare a riprodurre una vera e propria articolazione su chip.

L'obiettivo è mettere il turbo alla ricerca sull'osteoartrosi, la più comune malattia dell'apparato muscoloscheletrico che colpisce il 10% degli uomini e il 20% delle donne dopo i 60 anni: destinata a dilagare ancora a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, al momento può essere affrontata solo con farmaci capaci di alleviare i sintomi, ma non di fermare o invertire il processo degenerativo delle articolazioni.


Il chip che mima l'artrosi e la sua struttura (fonte: Politecnico di Milano)

 

A ostacolare lo sviluppo di nuove terapie è stata l'assenza di modelli sperimentali capaci di mimare adeguatamente la malattia. Finora l'approccio più comune per ricostruirla in provetta si è basato sulla somministrazione di molecole pro-infiammatorie in espianti di cartilagine. L'artrosi simulata in questo modo, però, rappresenta solo parzialmente alcuni dei sintomi finali della malattia e non ricapitola i meccanismi che stanno a monte dell'infiammazione.

Il nuovo chip, al contrario, permette di mimare il sovraccarico meccanico a cui sono sottoposte le articolazioni e dimostra che questo fattore potrebbe essere sufficiente a indurre i sintomi dell'osteoartosi, cioè infiammazione, ipertrofia e aumento dei processi di degradazione. Il modello così ottenuto, risultando più realistico, potrà aiutare lo screening di nuovi farmaci, accorciando tempi e costi sperimentali e diminuendo la necessità di test su animali.

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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