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Ricostruzione mammaria, solo 1 donna su 3 la considera

Redazione ANSA ROMA

Solo una donna su tre con un tumore al seno prende in considerazione l'opzione della ricostruzione mammaria. Le motivazioni possono essere le più diverse: ad esempio il non essersi rivolte a una Breast Unit, in cui vari specialisti, dal senologo al chirurgo plastico, lavorano in sinergia. Raramente accade che questa sia una scelta precisa della paziente. Le opzioni a disposizione, per chi si indirizza verso la ricostruzione mammaria, sono comunque tante e vanno dalle protesi a una ricostruzione 'autologa', con i propri tessuti. A spiegarlo è la professoressa Marzia Salgarello responsabile dell' Unità operativa complessa di chirurgia plastica del Policlinico Gemelli di Roma. "Con questo tipo di ricostruzione non si va incontro a dei peggioramenti nell'arco del tempo, è più difficile tecnicamente ma più evoluta - evidenzia Salgarello - questo tipo di ricostruzione è adatta a chi ha un po' di pancetta. È infatti lì che viene prelevato il tessuto che viene costruito e modellato, con interventi di superficie che prevedono l'utilizzo del microscopio, ci vuole il know-how della microchirurgia".
    "Il Gemelli è in prima linea, si lavora su questo da 15 anni - aggiunge la specialista - l'intervento dura due-tre ore in più di quello in cui vengono impiantate le protesi, e come quest'ultimo si può fare insieme a quello demolitivo. È importante per non far vivere alla donna un'esperienza come quella del vedersi 'mutilata' del seno e a mio parere permette di affrontare meglio il percorso oncologico". Altra problematica a cui diverse donne con tumore al seno vanno incontro è quella del linfedema, il braccio che si gonfia e può rimanere oltre che gonfio anche duro in maniera permanente. Una cosa che può essere debilitante. Accade a una donna su quattro tra quelle che hanno levato i linfonodi, oppure in alcuni casi per la radioterapia.
    Anche in questo caso, intervenendo presto la soluzione c'è e risiede ancora una volta nella 'micro-chirurgia'. "Micro-chirurgo e fisioterapista lavorano insieme in questo caso - sottolinea Salgarello - in particolare, è possibile trapiantare alcuni linfonodi, oppure ricorrere a dei 'by-pass' linfatico-venosi". Al Gemelli c'è un centro per il trattamento chirurgico del linfedema. 
   

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