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Luigi, ho avuto il cancro alla prostata ma alle gare podistiche non ho mai rinunciato

'Oggi ho 73 anni e mi alleno quattro volte la settimana'

Redazione ANSA

''Oggi ho 73 anni, mi alleno quattro volte la settimana e corro almeno 50 chilometri. Non è facile alla mia età, anche perché nel frattempo ho avuto qualche problema. La gara più difficile della mia vita non è stata correre i mitologici 42 chilometri e 195 metri come Filippide. È stata affrontare una malattia che ho scoperto di avere circa una decina di anni fa e che si chiama “cancro alla prostata”.

''Come stabilito dal CONI quando inizi a gareggiare devi svolgere tutti gli anni delle visite specifiche per ottenere l’idoneità sportiva. Durante uno di questi controlli, mi è stato esaminato anche il livello di PSA nel sangue. Era altissimo e mi sono rivolto immediatamente all’Ospedale Policlinico di Napoli. Ho reagito da subito bene alla malattia, nel senso che non mi sono né spaventato né rassegnato passivamente all’idea di avere un tumore. Mi sentivo bene, tanto è vero che ho continuato a correre anche dopo la diagnosi. Per mia fortuna, il cancro che mi ha colpito non è mai stato troppo aggressivo e, a differenza di tanti altri uomini, non ho dovuto subire chemioterapie o operazioni chirurgiche. Quindi mi sono risparmiato anche i relativi effetti collaterali di queste cure. Ho dovuto però seguire una terapia farmacologica in compresse, che consentono di tenere sotto un determinato livello il PSA. Dopo soli quattro mesi, infatti, è tornato a zero, tanto che i medici hanno deciso di sospendere le cure. Purtroppo, dopo poco tempo, ho dovuto ricominciare l’assunzione dei medicinali, cosa che faccio ancora oggi. Inoltre, ogni anno, mi sottopongo a regolari visite al Policlinico di Napoli. Nel primo periodo i controlli erano mensili, poi sono diventati semestrali, da alcuni anni ogni 12 mesi. Le pillole che assumo non mi hanno mai provocato alcun effetto collaterale, mi ritengo davvero fortunato. Non so dire se è stata la vita sedentaria che ho condotto fino a cinquant’anni a causarmi la malattia. L’unica certezza è che nella mia famiglia il cancro alla prostata non era una novità, perché ho avuto parenti molto stretti che hanno vissuto la mia stessa esperienza. Ma io non mi sono mai sentito in pericolo''.

''Durante questi anni ho potuto contare sulla vicinanza di mia moglie e dei miei due figli. La nostra è una famiglia molto unita: mi hanno sempre aiutato, accompagnandomi ai controlli medici, ricordandomi le medicine e standomi a fianco nei momenti più difficili. La malattia non ha mai fermato la mia voglia di correre e ho intenzione di continuare a gareggiare, finché il fisico me lo permetterà. Da quando ho iniziato, ho imparato tante cose su modalità di allenamento, respirazione, tecnica di corsa e stretching. Mi trovo regolarmente con un gruppo di corridori, ci alleniamo tutti insieme e partecipiamo ad alcune gare. Oggi sono il loro coach! Ogni tanto mi ricordo di avere un cancro, ma questo non è un peso, anzi, rappresenta uno stimolo in più per cercare di migliorare anche le mie performance atletiche''.

 

Tratto da 'Un’esperienza chiamata cancro. Storie di pazienti che l’hanno combattuto', a cura di Mauro Boldrini e Sabrina Smerrieri 

 

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