Una delle più gravi emergenze
ambientali mai affrontate, che richiede studi epidemiologici e
una mappa dei pozzi: così l'Associazione Italiana Medici per
l'Ambiente (Isde) ha definito la situazione determinata in
Veneto dalla contaminazione da Pfas in una conferenza stampa
alla Camera, nella quale ha presentato un "Position paper" con
un piano di azioni "per interventi immediati".
I medici dell'Isde hanno rilevato che "in Veneto, nelle
province di Vicenza, Padova e Verona con la contaminazione da
Pfas, acidi usati nei processi industriali e poi sversati per
decenni nel suolo e nelle falde acquifere, è in atto una delle
emergenze sanitarie ed ambientali più gravi che il nostro Paese
abbia mai dovuto affrontare". Necessari, hanno proseguito, anche
"la mappatura completa dei pozzi privati, una Legge Nazionale
che obblighi a dosare le Pfas prima che i fanghi di depurazione
siano sparsi sui terreni agricoli come fertilizzanti, studi
epidemiologici ben fatti a disposizione della comunità
scientifica e che il limite di Pfas nell'acqua sia pari a zero".
L'Isde rileva inoltre che per coloro che non autodenunciano il
possesso di pozzi privati, la Regione non prevede alcuna
sanzione, le analisi vengono eseguite a spese del proprietario e
in caso di sforamento dei limiti regionali non vengono chiusi.
Il presidente di Isde Veneto, Vincenzo Cordiano, ha detto che
"le analisi degli alimenti della Regione Veneto sono state
pubblicate senza indicare il punto in cui sono stati eseguiti i
prelievi, creando confusione". Per questo, ha aggiunto, "sono
necessari studi epidemiologici ben fatti, come ribadito dagli
stessi consulenti della procura di Vicenza nel processo in corso
alla Miteni di Trissino per il decennale sversamento in falda
degli scarti di produzione". Per Cordiano "il piano regionale di
controllo sanitario non può essere considerato tale poiché
partecipa solo il 60% dei 70.000 invitati ed esclude i soggetti
sotto i 10 e sopra i 65 anni, donne in gravidanza e neonati". In
questo modo, ha aggiunto, "si corre il rischio di un enorme
spreco di risorse senza che vengano realmente tutelate le fasce
più a rischio dei potenziali effetti tossici degli interferenti
endocrini". Per Isde i limiti di 100 ng/l per tutte le Pfas
previsti in Europa nell'accordo preliminare sulla direttiva
acque "sono altissimi". Cordiano ha osservato che "basta un solo
nanogrammo per litro nell'acqua di Pfoa (acido
perfluoroottanoico), una delle molecole più tossiche, per
raggiungere nel sangue, nel giro di un paio di anni,
concentrazioni potenzialmente tossiche specie per neonati,
gravide e anziani".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA