(ANSA) - ROMA, 08 MAR - Quasi 5 milioni di italiani soffrono
di osteoporosi, in 2 casi su 3 sono donne, e ogni anno vanno
incontro a circa 600mila fratture ossee. Ma non bisogna
rinunciare a salvare le ossa con farmaci anti-frattura per
prevenire l'insorgenza di una grave ma rara complicanza, cioè
l'osteonecrosi delle ossa mascellari, ovvero una degenerazione
dell'osso mascellare che comporta una sua fuoriuscita spesso con
dolore e gonfiore. E' necessario, però, tenere costantemente
sotto controllo dosi, modalità e periodo di somministrazione di
queste terapie e, soprattutto, bisogna curare con costanza
l'infiammazione gengivale per ridurre il rischio estrazioni e
interventi chirurgici.
A indicarlo sono le prime Linee Guida elaborate dalla Società
Italiana di Parodontologia e Implantologia (Sidp) e dalla
Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (Siot) che saranno
presentate al 21/mo congresso della SIdP, in programma dal 9
all'11 marzo al Palacongressi di Rimini.
Per contrastare la fragilità ossea sono oggi disponibili
diversi farmaci che agiscono riducendo il riassorbimento del
tessuto osseo. La famiglia maggiormente diffusa è quella dei
bifosfonati a cui si aggiungono i monoclonali come il denosumab
oltre quelli che associano all'attività anti-riassorbitiva la
capacità di stimolare la deposizione di nuovo osso.
"L'introduzione di queste terapie ha costituito un importante
passo avanti nella prevenzione delle fratture - spiega Luca
Landi, coordinatore delle Linee Guida per SIdP -, ma è nata una
certa preoccupazione nei pazienti quando tra le possibili
complicanze dell'assunzione di anti-riassorbitivi è apparsa
l'osteonecrosi dei mascellari. Anche se la sua incidenza è molto
bassa, assistiamo sempre più spesso ai timori di pazienti in
cura con questi farmaci o che dovrebbero iniziare ad assumerli.
Sospendere o non iniziare la terapia con questi farmaci nel
timore di incorrere in questa complicanza, non solo espone il
paziente ad un più alto rischio di frattura ma spesso determina
una difficoltà per l'odontoiatra che deve gestire estrazioni
dentali o interventi di chirurgia nel paziente con problemi
parodontali. Per questo, il Position Paper sottolinea
l'importanza della terapia anti-fratturativa che non deve essere
interrotta o rinviata dal dentista a meno che ciò non avvenga in
accordo con il prescrittore".
"L'osteoporosi - sottolinea Maria Luisa Brandi, coordinatrice
delle Linee Guida per SIOT e responsabile dell'Osservatorio
Fratture da Fragilità - è una malattia scheletrica sistemica
caratterizzata da una riduzione della massa e della qualità
ossea che porta alla fragilità ossea e a un maggior rischio di
fratture a anca, colonna vertebrale, omero, avambraccio.
Un'adeguata terapia anti-riassorbitiva è in grado di ridurre del
50% le fratture con un impatto positivo, non solo sulla salute e
la qualità di vita dei pazienti, ma anche sulla spesa sanitaria.
Tuttavia, ben l'80% dei pazienti con osteoporosi non ricevono
cure adeguate e 1 paziente su 2 abbandona la terapia".
Il documento congiunto SIdP e SIOT mette a fuoco, per la
prima volta, le possibili implicazioni della terapia
anti-riassorbitiva nei pazienti osteoporotici ad alto rischio di
frattura e in coloro che sono affetti da parodontite e
gengivite. In particolare, per chi assume farmaci per le ossa,
il rischio principale di osteonecrosi mascellare si ha in caso
di estrazioni dentali. "E' necessario -precisa Landi - porre
molta attenzione nell'affrontare procedure chirurgiche in questi
pazienti: non è sufficiente la sola valutazione clinica
iniziale, ma è necessario iniziare il trattamento parodontale e
rivalutare le condizioni di salute a distanza di tempo.
Tuttavia, la possibilità di sviluppare necrosi dei mascellari in
pazienti con parodontite trattata con successo è molto inferiore
al rischio di fratture da fragilità in persone ad alto rischio.
D'altro canto, la terapia parodontale è efficace nel ridurre il
rischio di estrazione dei denti e di posizionamento di impianti.
Questi ultimi non sono controindicati nel paziente con
osteoporosi ma devono essere impiegati solo dopo aver
controllato l'infiammazione parodontale per prevenire infezioni
e infiammazioni degli impianti stessi, condizione che invece
espone ad un rischio maggiore di svluppare una osteonecrosi dei
mascellari in caso di terapia con anti-riassorbitivi". Mentre,
qualora siano necessarie procedure chirurgiche o estrazioni, i
pro e i contro vanno calibrati tra dentista e prescrittori.
Il nuovo Position Paper, sottolinea il presidente Sidp Nicola
Marco Sforza, "è un'ulteriore testimonianza di come la nostra
società scientifica sia impegnata nella diffusione, sia tra
clinici che nella popolazione, delle conoscenze sulle
implicazioni che la parodontite ha rispetto alla salute orale e
generale. L'infiammazione è il meccanismo che accomuna questa a
molte malattie sistemiche come il diabete, l'ipertensione, le
malattie cardiovascolari, l'artrite reumatoide fino ad arrivare
ai parti pretermine. In tutte queste patologie, mettere sotto
controllo l'infiammazione determinata dalla parodontite
significa anche migliorare l'efficacia delle terapie". (ANSA).
