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Rivoluzione Car-T parte da lontano, le radici nel progetto Genoma

Da conoscenza Dna si è arrivati a terapie con cellule paziente

Redazione ANSA ROMA

- La 'rivoluzione' della Car-T, la terapia che usa le cellule del sistema immunitario dello stesso paziente ingegnerizzate per riconoscere il tumore, viene da lontano, e affonda le sue radici nel progetto Genoma, che ha permesso finalmente di conoscere nel dettaglio il Dna umano. A tracciare la traiettoria della ricerca che ha portato a questa innovazione, approvata quasi un anno fa dall'Ema e che potrebbe arrivare entro l'anno in Italia, è Paola Grammatico, Ordinario di Genetica Medica alla Sapienza Università di Roma. "E' unanime il parere che la rivoluzione scientifica del nostro secolo è scaturita dal completamento del Progetto Genoma - sottolinea Grammatico - che ha portato all'identificazione della sequenza del DNA umano, tappa epocale per la comprensione dei meccanismi alla base dei fenomeni fisiologici della vita, di molte malattie genetiche, dei processi di trasformazione neoplastica".
    Una frontiera che si è aperta grazie all'acquisizione delle conoscenze sul genoma umano, spiega l'esperta che è anche Direttore del laboratorio di Genetica Medica dell'A.O. S.
    Camillo-Forlanini, è la medicina di precisione, ovvero l'uso di farmaci che abbiano come bersaglio su cui agire il difetto molecolare responsabile della patologia. "Uno dei primi successi in questo settore si è avuto nella Leucemia mieloide cronica. Nel 2001 si ebbe un cambiamento radicale nella terapia di questa forma leucemica con l'introduzione di un farmaco capace di neutralizzare in modo specifico un'oncoproteina". Una fase ancor più recente del processo di evoluzione nato dalle conoscenze sul genoma umano sono le Terapie geniche, che hanno applicazioni soprattutto nelle malattie rare. "Un ulteriore e più recente successo è lo sviluppo di un nuovo approccio mediante l'utilizzo delle cellule Car-T - spiega Grammatico -. E' una tecnica in grado di riprogrammare i linfociti T rendendoli capaci di attaccare le cellule tumorali: dal paziente affetto vengono prelevati i linfociti, questi sono poi modificati geneticamente mediante l'uso di vettori virali e infine nuovamente reinfusi in modo che possano individuare le cellule malate, attaccarle e distruggerle, lasciando indenni le cellule sane. Non si possono considerare queste terapie prive di effetti collaterali e persiste ancora una criticità relativa agli elevati costi del trattamento, ma è evidente che ciò che le sperimentazioni cliniche stanno producendo in questi anni sembra essere molto promettente". (ANSA).
   

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