Dinamica, diversificata, artistica e sostenibile. E' la nuova frontiera della ristorazione a New York con chef e ristoratori più attenti alla comunità in cui vivono e operano che alla fama globale. Una nuova generazione di chef e ristoratori che guida la conversazione sul cibo e definisce cosa vuol dire andare al ristorante oggi nella Grande Mela. Maestri quindi non solo ai fornelli ma anche fonte di ispirazione per i loro pari o per chi si siede a tavola.
La nuova frontiera della ristorazione a New York è anche una sorta di ribellione contro l'eurocentrismo di quei ristoranti che sono di solito considerati posti 'hotspot'. Oggi chi sceglie di cenare fuori è alla ricerca di uno spazio intimo e di un servizio semplice. Vuole un'esperienza che arricchisca la sua conoscenza, non vuole sentirsi un pesce fuor d'acqua ed essere invece a proprio agio con ciò che gli viene servito. A MáLà Project e Tomorrow, ad esempio, due must per gli amanti della cucina del Sichuan, nonché creature della giovane Amelie Kang, metaforicamente parlano, il piatto principale del menù è il servizio ai clienti oltre alla missione di rendere felici.
"Siamo un'azienda per il servizio al cliente - ha spiegato - e che si trova a servire cibo".
Daniela Soto-Innes e Enrique Olvera, chef di Cosme hanno invece fatto uscire la cucina messicana dalla categoria a basso costo per portarla all'altezza dei migliori ristoranti francesi e americani. Juan Correa e Erik Ramirez di Las Llamas (che comprende Llama Inn, Llama San, Llamita) invece hanno fatto capire che la cucina peruviana non è solo ceviche e non a caso il loro progetto ambizioso Llama San, è un inno alla cucina Nikkei del Perù, creata da immigrati giapponesi che lì vi si trasferirono nel 19mo secolo.
E nel nuovo panorama della ristorazione a New York detta legge anche l'aspetto etico. I clienti dei ristoranti vogliono anche sentirsi coinvolti non solo nella salvaguardia del pianeta ma anche sotto l'aspetto dell'inclusione sociale. Di qui il boom dei ristoranti vegani o plant-based, con sprechi vicini allo zero e più attenti verso la comunità LGBTQ+. "Sempre di più - ha spiegato Ravi DeRossi di Mother of Pearl nell'East Village - i clienti chiedono che bar e ristoranti siano sia sani che in linea con le loro preoccupazioni etiche. La percezione del mondo sta cambiando". In linea con la salvaguardia del pianeta è la filosofia di Osteria 57, ristorante italiano nel West Village che non serve carne. "Non ci riteniamo vegani o vegetariani - ha detto all'ANSA lo Chef Riccardo Orfino - semplicemente crediamo che cucinare carne non sia sostenibile per l'ambiente. Per noi la sostenibilità è basata sulle scelte che uno fa e ognuno di noi può contribuire anche con piccole azioni".
Arte e sostenibilità, nuova frontiera della ristorazione a New York
Chef e ristoratori snobbano la fama globale per la comunità
- di Gina Di Meo
- NEW YORK
- 14 gennaio 2020
- 22:25