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Detenuti-giudici a confronto a Rebibbia

Detenuti-giudici a confronto a Rebibbia

Da Roma il "Viaggio nelle carceri" della Corte Costituzionale

ROMA, 04 ottobre 2018, 16:13

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Valentina Roncati) Dal diritto all'affettività alla necessità di nutrire ancora la speranza, al desiderio, infine, di non finire i propri giorni in cella: 250 detenuti della Casa Circondariale di Rebibbia oggi hanno incontrato i giudici della Corte Costituzionale e hanno posto loro numerose domande nel teatro del penitenziario, dopo aver ascoltato la lezione del presidente della Corte, Giorgio Lattanzi. Alla fine dell'incontro ci sono state strette di mano e persino abbracci tra i giudici ed alcuni detenuti. Come Annamaria, 68 anni, che ha detto di essere "vedova, mamma, nonna" e ha lamentato di poter telefonare una sola volta alla settimana ad una sola persona: "Noi vogliamo più affettività per non farci dimenticare dal mondo lasciato fuori", ha detto. Le è stato risposto che i colloqui telefonici verranno prossimamente ampliati anche con la sperimentazione di Skype in tre istituti penitenziari. Applauditissimo è stato l'intervento del detenuto Stefano che ha detto che sono "molti i detenuti muoiono in carcere". A lui ha risposto l'ex presidente del Consiglio Giuliano Amato, anch'egli giudice costituzionale, che ha evidenziato, in un intervento molto applaudito, come "morire in carcere per cure inadeguate è inammissibile: ci battiamo perchè non accada in Africa e poi accade in Italia". Eppure se un giudice di sorveglianza non concede questo diritto, per errore ad un detenuto, ha proseguito Amato, questi può rivolgersi alla Corte Costituzionale in Germania, ma non in Italia, dove il ricorso diretto alla Corte Costituzionale non è mai stato introdotto. Il detenuto Paolo Scarlata ha sostenuto davanti alla Corte "che la gran parte dei detenuti gioca a carte o passeggia nelle sezioni", Francesco De Masi ha chiesto invece perchè le attività collaterali in carcere, tipo il teatro, vengano viste solo come intrattenimento e non invece come strumento di formazione. Vincenzo, che vive nel reparto di Alta sicurezza, anche se si sta per laureare e ha troncato i legami con la criminalità, ha pene accessorie tali che, anche quando uscirà dal carcere, non potrà andare all'estero perchè ha un divieto di espatrio.
    Giorgiana è preoccupata perchè ha sentito parlare di annullamento delle norme sui benefici e le misure alternative e spiega che tutto questo, per i detenuti, se attuato "sarebbe sconvolgente". I 10 giudici costituzionali - Viganò, De Pretis, Cartabia, Amato, Amoroso, Antonini, Sciarra, Modugno e Coraggio, più il presidente Lattanzi - hanno spiegato che "il condannato non è il suo reato, è una persona in continua evoluzione. E la stessa Costituzione scommette sul cambiamento". Giuliano Amato ha addirittura rivolto un appello al sottosegretario Jacopo Morrone, presente all'incontro, affinchè si occupi del tema dell'interdizione del diritto di voto, tema posto dal detenuto Roberto Pecci: "Togliere il diritto di voto è togliere il diritto alla cittadinanza", ha osservato Amato. Filippo Origano ha posto invece il tema del "diritto alla speranza": a lui è stato inflitto un ergastolo ostativo: dopo 25 anni di carcere ha ha rescisso i legami col passato, ha fatto un percorso rieducativo, ha ammesso gli errori, eppure per lui il termine della detenzione coinciderà con la durata della vita. "Della Costituzione hanno soprattutto bisogno le persone che nella società, per ragioni diverse, vengono a trovarsi in condizioni di debolezza, di subordinazione o di dipendenza - ha sottolineato il presidente Lattanzi, chiudendo l'incontro - e che perciò vedono limitata o condizionata in vario modo la propria vita, come accade alle persone detenute. E massima è la tutela che assicura a tutti la nostra legge fondamentale, con i suoi doveri e le sue responsabilità, ma anche con i diritti e le tutele".
   

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