Negli anni di piombo di Palermo si
uccidevano i giudici che avevano alzato il velo sui crimini di
mafia e cancellato l'impunità della cupola di Cosa nostra.
Questo filo di sangue unisce l'uccisione di Cesare Terranova e
del maresciallo della polizia di Stato Lenin Mancuso e l'agguato
al giudice Antonino Saetta ucciso in auto con il figlio Stefano.
Palermo oggi li ha ricordati in un anniversario comune. Furono
uccisi lo stesso giorno: Terranova il 25 settembre 1979, Saetta
nel 1988.
La mafia li fermò mentre si apprestavano ad assumere nuovi
incarichi in posti chiave del sistema giudiziario. Dopo due
legislature come deputato e componente della commissione
antimafia, Terranova si accingeva a diventare capo dell'ufficio
istruzione del tribunale di Palermo. Con le sue inchieste aveva
ricostruito le dinamiche dei vertici di mafia culminate con la
scalata dei corleonesi e incastrato Luciano Liggio. Saetta aveva
invece condannato in appello il gruppo di fuoco che aveva ucciso
il capitano Emanuele Basile e si apprestava a presiedere il
maxiprocesso istruito dal pool di Giovanni Falcone e Paolo
Borsellino.
"Rievocare il suo omicidio - ha detto il capo dello Stato,
Sergio Mattarella - richiama il valore di quanti hanno saputo
opporsi ai nemici della convivenza civile del Paese, colpendoli
attraverso la ferma conduzione dei processi nei confronti degli
affiliati alla malavita".
Terranova venne ucciso sotto casa in via Rutelli a Palermo:
era appena salito nell'auto condotta dal suo collaboratore Lenin
Mancuso. Saetta e il figlio furono assassinati sulla stessa
strada Caltanissetta-Agrigento dove due anni dopo, nel 1990,
sarebbe stato bloccato, inseguito e ucciso il giudice
"ragazzino" Rosario Livatino.
Per Terranova e Saetta sono ormai definitive le condanne
degli uomini della cupola.
I due giudici sono stati ricordati con cerimonie nei luoghi
in cui sono stati assassinati. Anche il maresciallo Lenin
Mancuso è stato commemorato dalla questura di Palermo.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA