Tre società, 330 dipendenti, un fatturato di 150 milioni con export al 70%. Sono alcuni dei numeri della filiera delle rinfuse nere savonese, il Gruppo Italiana Coke, di cui fanno parte Terminal Alti Fondali Savona, dove sbarcano le navi cariche di carbone (e rinfuse) che Funivie spa trasporta a Cairo Montenotte dove si trova Italiana Coke, l’unica cokeria italiana non integrata in un impianto siderurgico, che produce circa 450 mila tonnellate di coke l’anno. Una filiera “ambientalizzata” perché il carbone dalle stive delle navi finisce direttamente in vasche e attraverso un nastro che passa in galleria arriva alla partenza delle Funivie per poi passare l’Appennino e che non si è fermata con l’emergenza Coronavirus (sono ferme le funivie ma per l’impianto danneggiato), visto che tutte le attività sono inserite fra quelle “essenziali”. Italiana Coke, che dal 2016 è in concordato di continuità, distilla il carbone per produrre coke, e lo vende alle fonderie per fare dai tombini ai freni delle auto ma anche ai produttori di lana di roccia, coibentante per l’edilizia, e zucchero. Più del 70% della produzione prende la strada dell’estero: nel 2018 delle 390 mila tonnellate di coke prodotte, 283 mila sono andate fuori Italia: in Europa e soprattutto negli Usa, in Sud America, Turchia, Pakistan e da poco anche in Brasile. Ma nei piani di sviluppo c’è la crescita anche sul mercato domestico, una volta superate le emergenze. Accanto al coke tradizionale per le fonderie ci sono più progetti: la collaborazione con le acciaierie di Taranto, che in parte producono localmente e in parte acquistano coke all’estero, lo sviluppo del filone dell’energia con la centrale di cogenerazione che alimenta il processo produttivo della cokeria e produce energia elettrica per la rete di distribuzione nazionale e alcune iniziative sull’economia circolare.
In collaborazione con:
ITALIANA COKE