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Clima: via libera alle regole sull'accordo di Parigi

Dopo due settimane di negoziati alla Cop24. Guterrez, servirà ambizione rafforzata

Redazione ANSA

Via libera alle regole per applicare l'accordo di Parigi sul clima. Dopo due settimane di negoziati, quasi 200 Paesi hanno raggiunto l'accordo alla Conferenza Onu di Katowice in Polonia (Cop24). 

I Paesi che avevano siglato l'accordo di Parigi nel 2015 hanno concordato che aggiorneranno i rispettivi piani climatici entro il 2020 mentre il vertice Onu sul clima del 2019 sarà l'occasione per i capi di Stato di dimostrare di voler rafforzare gli sforzi entro il 2020. Il 'Rulebook', ovvero il regolamento che è stato firmato, rende operativo l'accordo di Parigi e mette tutti i paesi in condizioni di parità nel rendere conto sull'azione in campo per contenere il global warming.

I paesi più ricchi hanno concordato di aumentare i finanziamenti per il clima, con l'obiettivo di offrire maggiore fiducia ai paesi vulnerabili. Si è inoltre deciso che la Cop25 si terrà in Cile nel 2019, con un pre-Cop in Costa Rica. 

Il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres ha commentato che "l'approvazione del programma di lavoro sull'accordo di Parigi è la base per un processo di trasformazione che richiederà un'ambizione rafforzata dalla comunità internazionale. La scienza ha chiaramente dimostrato che abbiamo bisogno di maggiore ambizione per sconfiggere il cambiamento climatico. D'ora in poi, le mie 5 priorità saranno: ambizione, ambizione, ambizione, ambizione e ambizione" riferendosi ai temi della mitigazione, dell'adattamento, della finanza, della cooperazione tecnica, della creazione di capacità e dell'innovazione tecnologica. "L'ambizione sarà al centro del Summit sul clima che convocherò a settembre 2019 e deve guidare tutti gli Stati membri mentre preparano i loro contributi determinati a livello nazionale (Ndc) per il 2020 per invertire la rotta del cambiamento climatico".

Ma Greenpeace dà voce ai delusi: "Nonostante solo due mesi fa l'Ipcc abbia lanciato un chiaro allarme, affermando che restano a disposizione solo dodici anni per salvare il clima del Pianeta, la Cop24 di Katowice si è conclusa oggi senza nessun chiaro impegno a migliorare le azioni da intraprendere contro i cambiamenti climatici. Se è vero che la Cop24 ha approvato un regolamento relativo all'applicazione dell'accordo di Parigi, a dispetto delle attese non è stato raggiunto alcun impegno collettivo chiaro per migliorare gli obiettivi di azione sul clima, i cosiddetti Nationally Determined Contributions (Ndc)". Greenpeace esorta i governi ad "accelerare immediatamente le azioni volte a ridurre le emissioni di gas serra e a dimostrare di aver ascoltato le richieste che arrivano dalla società. Il rapporto del IPCC è un campanello d'allarme che richiede azioni urgenti all'altezza delle minacce". Secondo l'organizzazione ambientalista, questa Cop ha confermato l'irresponsabile distanza tra i Paesi più vulnerabili ai cambiamenti climatici e coloro che continuano a bloccare un'azione decisa per il clima o che vergognosamente stanno agendo con lentezza. Tra le poche note positive di questo summit c'è, per Greenpeace, l'adozione di una serie di regole (il cosiddetto "rulebook") che se supportato da ambizioni adeguate può contribuire alla difesa del clima.

I circa 200 Paesi tornano a casa dalla Cop24 "sapendo che i progressi di Katowice non sono sufficienti per stabilizzare il cambiamento climatico a un livello di sicurezza adeguato. C'è ancora molta strada da fare, soprattutto da parte della politica che stenta a dare all'azione per il clima quella priorità necessaria per preparare la società ad affrontare la sfida in modo adeguato prima che sia troppo tardi". Lo afferma Luca Bergamaschi, ricercatore associato del Programma Energia, clima e risorse dell'Istituto Affari internazionali (Iai) rilevando che "per l'Italia significa innanzitutto mettere in campo misure concrete per l'uscita dal carbone entro il 2025, data confermata dal ministro Costa nel suo intervento a Katowice, e iniziare a pianificare l'uscita dal gas e dal petrolio per raggiungere zero emissioni nette entro le prossime tre decadi". Bergamaschi osserva che "la rivoluzione industriale del ventunesimo secolo non può più attendere a patto che sia organizzata in modo giusto e di concerto con cittadini e parti sociali e industriali. A questa rivoluzione deve essere affiancato un grande piano di resilienza per mettere in sicurezza il territorio e le infrastrutture dagli impatti sempre più violenti e frequenti di eventi estremi". Nel ricordare che "i paesi sono arrivati alla Cop24 dopo un anno di forti tensioni geopolitiche, dal commercio alla gestione delle migrazioni, che hanno messo in questione la tenuta dell'ordine multilaterale globale" il ricercatore spiega che alla fine di due settimane hanno trovato un accordo in cui "l'Europa ha giocato un ruolo chiave nello sbloccare i negoziati attraverso una cooperazione stretta con i paesi più vulnerabili e altri paesi sviluppati come Canada, Norvegia e Nuova Zelanda. La Cina e l'India hanno tenuto un profilo più basso ma il passo importante da parte loro è il riconoscimento dell'universalità delle regole. Il Brasile si è dimostrato difficile alla fine dei negoziati, causando il rinvio di una decisione importante su come operano i mercati delle emissioni all'anno prossimo. Sarà importante evitare il conteggio doppio nel momento dello scambio delle quote di emissioni. Come di consueto i paesi produttori di combustibili fossili, come Arabia Saudita e Russia, hanno cercato di rallentare il più possibile la ricerca di un compromesso e giocato al ribasso. Se da un lato gli Stati Uniti hanno cercato di essere costruttivi nella ricerca di regole uguali per tutti, dall'altro non si sono di fatto distinti dall'Arabia Saudita dimostrando di tenere di più a proteggere il mercato e gli interessi dei combustibili fossili rispetto alla sicurezza e prosperità dei suoi cittadini".

Il Wwf accoglie "con favore i progressi verso l'adozione di un 'Libro delle regole' per rendere operativo l'accordo di Parigi, e anche i segnali di volontà di aumentare le ambizioni venuto dalla Conferenza Onu, ma ancora non siamo al livello di accelerazione dell'azione necessario per affrontare l'emergenza climatica". Tuttavia, l'associazione lamenta "poca chiarezza su come si debba contabilizzare il finanziamento sul clima fornito dai paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo, su come si raggiungerà l'obiettivo dei 100 miliardi entro il 2020 o su come sarà concordato l'obiettivo finanziario globale dopo il 2025". "Ciò a cui abbiamo assistito in Polonia - spiega Manuel Pulgar-Vidal, leader internazionale Clima ed Energia del Wwf - rivela una fondamentale mancanza di comprensione della nostra attuale crisi climatica da parte di alcuni Paesi. Abbiamo bisogno che tutti i paesi si impegnino a innalzare i propri obiettivi di riduzione delle emissioni entro il 2020, perché è in pericolo il futuro di tutti". I negoziati di quest'anno hanno mandato un segnale positivo sulla possibilità che i Paesi rivedano al rialzo i propri obiettivi climatici entro il 2020, osserva il Wwf aggiungendo che il summit sul clima convocato dal Segretario generale delle Nazioni Unite (programmato per il 23 settembre 2019) sarà il momento in cui sarà chiesto ai leader di rispondere all'appello, annunciando o impegnandosi con obiettivi climatici nazionali aggiornati e più ambiziosi entro il 2020. Quindi viene data "una responsabilità diretta ai leader" nel prendere impegni consistenti di riduzione di gas serra e "qualcosa di meno sarebbe un dichiarazione di incapacità nel fronteggiare l'emergenza climatica e garantire un futuro ai propri cittadini, al proprio Paese, al Pianeta. E questo proprio quando in tutti il mondo si moltiplicano le iniziative dei ragazzi adolescenti che sanno, forse più di chi li governa, cosa rischiano", ha aggiunto Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del Wwf Italia, a Katowice per la Cop24.

L'accordo sul clima di Katowice "è un sollievo: i paesi riconoscono la necessità di una collaborazione globale per affrontare la crisi climatica globale" e l'Accordo di Parigi "è vivo e vegeto, nonostante l'aumento del populismo e del nazionalismo" ma "la mia più grande preoccupazione" è che la Cop24 "non abbia allineato le ambizioni con la scienza, perché non è chiarito che le emissioni globali dei combustibili fossili devono essere dimezzate entro il 2030 per rimanere in linea con il rapporto Ipcc" che indica l'assoluta necessità di contenere l'aumento medio della temperatura globale entro 1,5 gradi centigradi rispetto al periodo preindustriale. Così Johan Rockström, direttore designato del Potsdam Institute for Climate Impact Research, una delle massime istituzioni in campo climatico. "Continuiamo a seguire un percorso pericoloso che ci porterà in un mondo a 3-4 gradi più caldo entro questo secolo. Gli eventi meteorologici estremi hanno già colpito persone in tutto il pianeta, con un solo grado di riscaldamento globale. Soprattutto gli Stati Uniti sono una vittima duramente colpita, una nazione che ha svolto un ruolo sfortunato al vertice sul clima, che già soffre e soffrirà ancora di più in futuro per l'aumento delle siccità regionali e degli uragani".

La conferenza sul clima di Katowice si è conclusa "senza una chiara e forte risposta dei governi all'urgenza della crisi climatica, evidenziata dal recente rapporto dell'Ipcc". Lo afferma Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, aggiungendo che la Cop24 "non è infatti riuscita a concordare un chiaro impegno di tutti i paesi a rafforzare entro il 2020 gli attuali obiettivi di riduzione delle emissioni in linea con la soglia critica di 1,5 gradi, ad adottare un efficace quadro normativo, il cosiddetto Rulebook, in grado di dare piena attuazione all'Accordo di Parigi e a garantire un adeguato sostegno finanziario ai paesi in via di sviluppo che devono far fronte a devastanti impatti climatici". Ciafani parla quindi di "risultato debole" e aggiunge che "i prossimi due anni devono servire a costruire partnership capaci di raggiungere il livello di ambizione che la scienza ritiene indispensabile per superare la crisi climatica". In questa Cop24 "l'Europa ha tentato di costruire alleanze con altri paesi in grado di raggiungere un accordo ambizioso. Purtroppo senza successo - osserva Ciafani - per l'incapacità di molti governi europei di fare significativi passi in avanti nel sostegno finanziario ai paesi più poveri e vulnerabili". Per l'associazione ambientalista il Rulebook adottato a Katowice se da una parte rappresenta "un segnale importante", dall'altra parte presenta delle "lacune che andranno colmate entro il 2020, in modo che l'Accordo di Parigi possa essere pienamente operativo alla sua entrata in vigore". Tuttavia non va dimenticato che l'Europa, insieme a paesi emergenti e in via di sviluppo, ha promosso la Coalizione degli Ambiziosi che a Katowice si è impegnata ad aumentare entro il 2020 gli obiettivi di riduzione delle emissioni sottoscritti a Parigi, costituendo un importante esempio che va subito valorizzato ed esteso. "Ben prima del Summit sul clima convocato a settembre 2019 dal segretario generale dell'Onu l'Europa, con il pieno sostegno dell'Italia, deve rivedere il suo obiettivo al 2030 andando ben oltre il 55% di riduzione delle emissioni proposto già da diversi governi e dall'Europarlamento".

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