(ANSA) - NAPOLI, 7 LUG - Si iscrivono in tre e si presentano
all'aeroporto in diciassette, senza preavviso e con i documenti
in disordine. Può succedere se organizzi le Universiadi, una
manifestazione dove più che i record dello sport si inseguono i
valori della vita e dello stare insieme tra ragazzi. E succede
ancor di più se le organizzi a Napoli, crocevia tra Europa e
Mediterraneo, capitale di fascino e dalle mille culture, dove
gli atleti vengono ospitati a bordo di navi da crociera dotate
di ogni confort. "Quando andavo io alle Universiadi dormivamo
nei container" ricordava qualche giorno fa con un pizzico di
invidia il nuotatore Davide Rummolo.
I protocolli Fisu sono sulla falsariga di quelli applicati
dal Cio per le Olimpiadi e non ammettono deroghe. Tuttavia,
nella città che ha nel suo dna l'arte dell'arrangiarsi e
dell'accoglienza una soluzione si trova sempre. E cosi' è stato
per molti di loro. Circa un centinaio alla fine. "Li abbiamo
accontentati quasi tutti - spiega Francis Cirianni, capo dei
servizi alle delegazioni all'Universiade di Napoli - applicando
la lezione del maestro di molti di noi, Primo Nebiolo, che
diceva viene prima lo studente e poi le gare".
E cosi' l'organizzazione, che aveva i posti letto contati, ha
fatto in modo di farli uscire, spostando qualcuno da Napoli a
Caserta, redistribuendo gli alloggi e ovviando ai problemi di
overbooking "secondo l'algoritmo dello zaino del boy scout -
spiega ancora Cirianni - sfruttando tutti gli spazi e anche
qualche defezione tra le delegazioni che si erano annunciate più
numerose. Alla fine li abbiamo accontentati quasi tutti.
Purtroppo non è stato possibile solo con quelli la cui
documentazione è stata giudicata molto carente dalla Fisu".
E' andata bene al Senegal: "Erano previsti in dieci e si sono
presentati in quattordici - prosegue Cirianni - fanno atletica,
per loro siamo riusciti a trovare spazio in uno dei villaggi
incastrando quelli che arrivano e quelli che escono".
"Ci sono state delle difficoltà nelle registrazioni on line -
spiega Leo Senghor, capo delegazione del Senegal - e non avevamo
un alloggio. Ma alla fine il comitato organizzatore ci ha
portato all'Hotel Continental con i dirigenti Fisu e per
mangiare saliamo sulle navi. Ora speriamo di vincere qualche
medaglia in questa città bellissima che è la città di
Koulibaly". Nella stessa situazione si è trovato l'atleta
congolese scippato la sera della cerimonia di apertura. Era
arrivato a Napoli da Parigi a bordo di un bus di quelli low
cost, privo di passaporto e speranzoso di poter essere ammesso
alle gare pur non essendo iscritto. Per quello non c'è stato
niente da fare, ma un volontario lo ha ospitato a casa sua.
Rischiava di trasformarsi in un incubo l'avventura del Perù.
Un viaggio di undicimila chilometri, la valigia piena di sogni e
poi il brusco risveglio all'arrivo per una iscrizione che non si
è formalizzata nel modo giusto per i quattro atleti sudamericani
(uno del taekwondo e tre del tiro a segno).
"Ci siamo ritrovati al desk di Capodichino - racconta
Cirianni - la squadra peruviana che non aveva completato
l'iscrizione e non ci aveva comunicato la data dell'arrivo. Non
erano iscritti ma erano lì, tra l'altro con le armi per il tiro
bloccate alla dogana. Abbiamo spiegato loro che le gare erano
già definite e gli alloggi nel villaggio erano completi". "E'
stato un momento tristissimo" - racconta all'ANSA Aldair
Escobar, atleta del taekwondo e studente di ingegneria
informatica a Lima. Poi il lieto fine: "A un certo punto -
spiega Cirianni - abbiamo capito che eravamo di fronte a quattro
studenti venuti a Napoli col sogno di competere e quindi abbiamo
convinto la Fisu che c'erano delle pieghe del regolamento che
consentivano loro di fare le gare. Sono stati molto grati, in
altri Paesi non avrebbero gareggiato, ma Napoli li ha accolti".