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Alberto Angela ammira testa Satiro attribuita a Canova

Alberto Angela ammira testa Satiro attribuita a Canova

Divulgatore visita museo mineralogico della Federico II

NAPOLI, 05 giugno 2023, 19:54

Redazione ANSA

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Dopo aver ricevuto la laurea honoris causa in geologia all'Università Federico II di Napoli, Alberto Angela ha visitato con il rettore Matteo Lorito il museo mineralogico dell'ateneo, guidato dal direttore Piergiulio Cappelletti. Durante la visita il direttore, tra i reperti, ha mostrato al neolaureato Angela la testa di Satiro attribuita a Canova, ammirandola insieme al direttore del Dipartimento di Scienze della Terra, dell'Ambiente e delle Risorse Vincenzo Morra e al professore Pasquale Raia.
    La presenza di una piccola testa di Satiro (etichettato come quarzo su marmo di Carrara) attribuita ad Antonio Canova all'interno delle collezioni del Real Museo Mineralogico di Napoli, offre la possibilità di mettere in luce la stratificazione di significati di cui un oggetto si fa portatore nel momento in cui è parte di un allestimento museale. L'oggetto risale alla famosa collezione del naturalista Teodoro Monticelli, in gran parte acquisita dal museo napoletano nel 1851. Canova e Monticelli si erano conosciuti in uno dei soggiorni napoletani dell'artista, ed erano diventati particolarmente intimi, come testimonia il carteggio tra i due, che si scambiavano anche esemplari di rocce. Il satiretto, dunque, rappresenta non solo un interessante saggio mineralogico, ma anche un'opera d'arte e la testimonianza materiale della storia del museo.
    Su di esso, infatti, si stratificano, spiega l'ateneo partenopeo, una serie di significati complessi, che vanno dalla mineralogia alla storia dell'arte, alla storia tout court, che si rivelano tuttavia solo se si tiene presente la storia del museo e la storia collezionistica dell'oggetto. Si tratta di un quarzo su marmo di Carrara, la cui specificità risiede nell'essere scolpito in forma di testa di Satiro. Antonio Scherillo, direttore del museo dal 1939 al 1972, attribuisce l'autografia dell'oggetto ad Antonio Canova, precisando che l'attribuzione al grande scultore era legata esclusivamente ad una tradizione orale tramandatasi di direttore in direttore.
   
   

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